La liberazione di Ravenna, di cui si è celebrato il 4 dicembre l’ottantesimo anniversario, è anche una delle più belle storie della Resistenza. Una storia che nella città romagnola è legata indissolubilmente alla figura di Arrigo Boldrini, il leggendario comandante “Bulow” inventore della lotta partigiana in pianura, nelle valli. A guida della 28esima Brigata Garibaldi, “Bulow” ottenne, per la prima volta, il riconoscimento militare degli Alleati come forza di liberazione, contribuendo poi in maniera determinante a cacciare i tedeschi e a salvare l’immenso patrimonio monumentale e artistico della città bizantina. Boldrini è morto nel 2008, a 92 anni. Qualche anno prima, quando era ancora in salute, lo andai a trovare e gli feci una lunga intervista su quei fatti che inserii nel mio primo libro, “Arriverà quel giorno…”, pubblicato nel 2000 da Pendragon. Ne riporto qui alcuni stralci.
“…Un esponente del Pci di Cattolica d’intesa con gli alleati era sbarcato a nord di Ravenna. Lo incontrammo al comando del distaccamento Terzo Lori, nelle valli. Ci informò sugli ultimi avvenimenti e ci disse che le brigate partigiane a Macerata e Pesaro erano state disarmate dagli alleati, dopo la liberazione delle città. Non potevamo permettere che ciò avvenisse anche in Romagna. Era una questione fondamentale per noi. Il riconoscimento del movimento della Resistenza come parte integrante dell’esercito di liberazione diventava in quei mesi importantissimo per il riscatto dell’Italia dal nazifascismo e per il futuro politico del Paese. Discutemmo perciò di quali iniziative prendere per ottenerlo. Io nascosi la notizia della smobilitazione ai miei partigiani. Solo i capi erano avvertiti…. Presentammo anche un piano per la liberazione di Ravenna da sottoporre agli alleati. Prevedeva la salvaguardia della città e in particolare dei suoi monumenti dai bombardamenti. I partigiani dovevano essere in prima linea, pronti a guidare l’insurrezione popolare a Ravenna e nella Bassa Romagna per aprire la strada a una rapida avanzata dell’VIII Armata verso Nord, fino al Po.
…In novembre ci fu il nostro primo contatto con i vertici degli Alleati. Cervia era stata liberata il 22 ottobre. In città erano entrati per primi partigiani e canadesi. Decidemmo di organizzare un viaggio via mare, aggirando le linee tedesche, per raggiungere il comando dell’VIII Armata. Partimmo la sera del 18 novembre con una barca a remi. Eravamo in nove, sette partigiani e due piloti inglesi fuggiti dai campi di concentramento e rifugiati in Romagna. Per vincere il freddo e la paura portammo con noi una damigiana di vino. I tedeschi non ci scoprirono, sbarcammo a Milano Marittima senza nessun incidente. Da lì gli alleati mi portarono a Viserba di Rimini dove incontrai il capitano americano Peter Thiele, ufficiali inglesi e canadesi. Li informai della situazione militare nel ravennate e dello stato delle formazioni partigiane, gli illustrai il piano per liberare la città. Parlammo a lungo di tutto. Discutemmo di come salvare le basiliche - a cominciare da quella di Classe - e il grande patrimonio artistico di Ravenna. Cominciammo a conoscerci e a rispettarci a vicenda. Ma gli alleati rimanevano comunque diffidenti verso noi partigiani, volevano vederci chiaro, decisero di mandare un ufficiale per rendersi conto sul campo della situazione e della consistenza delle nostre forze. Ritornammo alla base portando con noi il capitano canadese Dennis Healy. Egli rimase molto impressionato della nostra organizzazione e capacità militare. Partecipò anche a una nostra azione contro i tedeschi. Il suo rapporto al comando ebbe evidentemente un peso. Il 29 novembre ci comunicarono ufficialmente via radio che saremmo passati alle dipendenze operative del Primo Corpo d’Armata canadese. Il messaggio diceva: ‘I partigiani sono considerati truppe di occupazione da Mezzano alla spiaggia e fino alle Valli di Comacchio’. Lo rileggemmo più volte, quasi increduli. Il riconoscimento che avevamo tanto cercato era arrivato.
…Il messaggio radio per la liberazione della città arrivò nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1944. Diceva soltanto: ‘Ora zero’. Era il segnale stabilito per attaccare. All’alba del 4 scattarono le operazioni. Noi riuscimmo a mettere in campo tra gli ottocento e i mille partigiani nella zona attorno a Ravenna. La parola d’ordine era ‘Teodora’. Alla sera Ravenna era già libera. Liberata dai partigiani. Non ci fu bisogno di bombardamenti. Anche i monumenti, le basiliche bizantine con i loro splendidi mosaici, l’enorme patrimonio artistico della città, erano salvi. Salvati dai partigiani..”.
Per prima fu salvata Santa Apollinare in Classe. Sul campanile della basilica i tedeschi avevano piazzato una postazione d’artiglieria. Gli alleati inizialmente ne avevano previsto l’abbattimento per aprirsi la strada verso Ravenna. Ma il colonnello inglese di origine russa, Wladimir Popsky, a capo di un gruppo d’assalto, fu informato dai partigiani di “Bulow” dell’importanza di quell’antico monumento e convinto a chiedere il rinvio di 24 ore del bombardamento. Poi assieme agli uomini del distaccamento partigiano ‘Settimio Garavini’ guidati da Ateo Minghetti, nome di battaglia ‘Régan’, organizzò un’azione per liberare la basilica dai tedeschi senza distruggerla. L’operazione si svolse all’alba del 19 novembre ed ebbe pieno successo. La stessa cosa accadde due settimane dopo nell’ex capitale dell’Impero Romano d’Occidente, con i monumenti - da San Vitale a Galla Placidia, al Mausoleo di Teodorico - che oggi sono riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Soltanto tre chiese vennero colpite dai bombardamenti alleati: San Giovanni Evangelista e Sant’Apollinare Nuovo, che si trovano nei pressi della Stazione ferroviaria, e Santa Maria di Porto Fuori, in prossimità della zona portuale.
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