Io non ho vissuto giornalisticamente quegli anni, non ho Netflix e non ho visto il docufilm sulla comunità di Vincenzo Muccioli. Ma vi racconto un aneddoto di cui sono stato protagonista qualche anno dopo.
Io all'epoca seguivo la politica a Bologna e alla bisogna facevo l'inviato per il nazionale. In quei giorni stavo a Rimini per alcuni servizi sull'estate rivierasca. Mi chiama Veltroni e mi dice: "Abbiamo deciso di fare anche l'edizione romagnola di Mattina, vai tu ad aprirla e a fare il capo". Io non ero per niente contento, il lavoro che facevo mi piaceva, ma i vertici di allora del giornale e del partito sapevano essere - diciamo così - convincenti.
L'impresa era disperata, la redazione tutta da costruire. Sede a Rimini in Vicolo Valloni, organico ridotto all'osso (io, Onide Donati, Natascia Ronchetti e Pierfrancesco Bellini) più un service (Prima Pagina) e alcuni collaboratori per coprire le altre province della Romagna e le diverse aree tematiche. Per rincuorarmi, il direttore delle "Mattine", Antonio Zollo, mi disse: "Tranquillo, ti mando io due bravi colleghi che conoscono benissimo la riviera adriatica". Erano Uccio Muslin di Trieste e Luigi Quaranta di Bari. Come segretario di redazione venne arruolato Beppe Lombardo il ferroviere (mitico). Il sistema editoriale era stato acquistato dagli americani ed era annunciato iper-tecnologico, con i pezzi che dovevano entrare direttamente in pagina e tanto di correttore automatico.
Il 12 settembre, giorno dell'esordio, non funzionava niente. Non solo il portentoso sistema editoriale americano: non c'era nemmeno la connessione, i pezzi bisognava scriverli al pc, stamparli, mandarli col fax e ribatterli. Per far uscire il giornale, Onide e gli altri lavorarono da Rimini in una redazione che sembrava un cantiere, io stavo alla redazione centrale di Bologna, in via del Borgo San Pietro, a passare e titolare i pezzi. Anche lì con i cavi a penzoloni sopra la testa, i nostri poligrafici che facevano i salti mortali per lavorare le edizioni del giornale e i tecnici americani che provavano a far funzionare il sistema editoriale. Un delirio.
Alle due e mezzo di notte l'edizione non era ancora chiusa. Arrivò una telefonata di Jenner Meletti che non so come e da chi, a quell'ora aveva appena saputo che Muccioli era stato ricoverato in ospedale ed era gravissimo. Buttammo via l'apertura e rifacemmo la prima pagina col titolone da colpo grosso - così chiamavamo quello a caratteri cubitali - "Muccioli in fin di vita".
Chiudemmo il giornale verso le 4 del mattino. Arrivammo nelle edicole della Romagna verso le undici-mezzogiorno. Ma demmo un buco a tutto il mondo.
Nelle foto, al lavoro nella redazione di Vicolo Valloni a Rimini, una prima pagina e l’ultimo numero di Romagna Mattina.
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