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martedì 5 gennaio 2021

Quello scoop di "Romagna Mattina" su Vincenzo Muccioli in fin di vita

“Sanpa luci e tenebre di San Patrignano” è il film del momento. Di quella esperienza ne scrive egregiamente su Strisciarossa l'amico ed ex collega de l'Unità, Onide Donati http://www.strisciarossa.it/sanpa-netflix-racconta-il-regno-di-muccioli/?fbclid=IwAR2W7nsRr2pb1dXuzLxHbqT-RZazjsma6zrxumbhokZxEIxhuFWbXhF6Pw8.
Io non ho vissuto giornalisticamente quegli anni, non ho Netflix e non ho visto il docufilm sulla comunità di Vincenzo Muccioli. Ma vi racconto un aneddoto di cui sono stato protagonista qualche anno dopo. 

Era il 12 settembre 1995. L'Unità di Walter Veltroni e Amato Mattia aveva deciso di editare "Mattina", giornale di cronaca locale da vendere "a panino" con il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, che in Emilia-Romagna doveva avere tre edizioni: Bologna, Modena e Reggio. Un mese prima della partenza si decise di aggiungere due edizioni, una per Piacenza e Parma e l'altra per la Romagna e Ferrara.

Io all'epoca seguivo la politica a Bologna e alla bisogna facevo l'inviato per il nazionale. In quei giorni stavo a Rimini per alcuni servizi sull'estate rivierasca. Mi chiama Veltroni e mi dice: "Abbiamo deciso di fare anche l'edizione romagnola di Mattina, vai tu ad aprirla e a fare il capo". Io non ero per niente contento, il lavoro che facevo mi piaceva, ma i vertici di allora del giornale e del partito sapevano essere - diciamo così - convincenti.

L'impresa era disperata, la redazione tutta da costruire. Sede a Rimini in Vicolo Valloni, organico ridotto all'osso (io, Onide Donati, Natascia Ronchetti e Pierfrancesco Bellini) più un service (Prima Pagina) e alcuni collaboratori per coprire le altre province della Romagna e le diverse aree tematiche. Per rincuorarmi, il direttore delle "Mattine", Antonio Zollo, mi disse: "Tranquillo, ti mando io due bravi colleghi che conoscono benissimo la riviera adriatica". Erano Uccio Muslin di Trieste e Luigi Quaranta di Bari. Come segretario di redazione venne arruolato Beppe Lombardo il ferroviere (mitico). Il sistema editoriale era stato acquistato dagli americani ed era annunciato iper-tecnologico, con i pezzi che dovevano entrare direttamente in pagina e tanto di correttore automatico.

Il 12 settembre, giorno dell'esordio, non funzionava niente. Non solo il portentoso sistema editoriale americano: non c'era nemmeno la connessione, i pezzi bisognava scriverli al pc, stamparli, mandarli col fax e ribatterli. Per far uscire il giornale, Onide e gli altri lavorarono da Rimini in una redazione che sembrava un cantiere, io stavo alla redazione centrale di Bologna, in via del Borgo San Pietro, a passare e titolare i pezzi. Anche lì con i cavi a penzoloni sopra la testa, i nostri poligrafici che facevano i salti mortali per lavorare le edizioni del giornale e i tecnici americani che provavano a far funzionare il sistema editoriale. Un delirio. 

Alle due e mezzo di notte l'edizione non era ancora chiusa. Arrivò una telefonata di Jenner Meletti che non so come e da chi, a quell'ora aveva appena saputo che Muccioli era stato ricoverato in ospedale ed era gravissimo. Buttammo via l'apertura e rifacemmo la prima pagina col titolone da colpo grosso - così chiamavamo quello a caratteri cubitali - "Muccioli in fin di vita".
Chiudemmo il giornale verso le 4 del mattino. Arrivammo nelle edicole della Romagna verso le undici-mezzogiorno. Ma demmo un buco a tutto il mondo.

Per mesi continuammo a chiudere a degli orari impossibili. Come dice Onide, nelle notizie notturne eravamo imbattibili. Il giornale si conquistò un suo spazio, fece anche alcuni altri colpi memorabili. Ricordo il dossier sull'ex capo dei vigili invischiato in una inchiesta su affari loschi e il naufragio del Parsifal nel golfo del Leone durante una regata, con sei velisti riminesi morti e tre sopravvissuti: mandammo Muslin alle Baleari a seguire quella tragedia. Ma non fu sorretto da una politica editoriale adeguata e dopo due anni, il 21 dicembre del 1997, naufragò come il Parsifal e chiuse facendo (metaforicamente) morti e feriti. Le cronache locali tornarono dentro l'Unità. Io tornai a Bologna dove venni eletto capo redattore delle edizioni emiliano-romagnole che poi, da lì ad altri due anni, il 31 dicembre 1999, cessarono definitivamente, anticipando di qualche mese la prima chiusura del quotidiano nazionale. 

Nelle foto, al lavoro nella redazione di Vicolo Valloni a Rimini, una prima pagina e l’ultimo numero di Romagna Mattina.

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