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mercoledì 29 maggio 2013

Terremoto, un anno fa la scossa più devastante. La paura e il ricordo di quel giorno, l'orgoglio di vivere in questa terra

Il 29 maggio del 2012 era un martedì. La seconda scossa, quella che fece più morti e maggiori disastri della prima, arrivò alle 9.02. Io ero in casa che stavo leggendo i giornali, a quell'ora. Si sentì prima un rumore sordo, poi la casa cominciò a ballare. Si muoveva tutto: il tavolo, i pavimenti, le pareti. Riuscii a fatica a infilare la porta d'ingresso e ad uscire in giardino, col cuore in gola e quel senso di impotenza e angoscia che il terremoto di mette dentro.

La prima cosa che feci fu di provare a chiamare le scuole dei ragazzi e la Robi al lavoro.Ma i cellulari non prendevano, c'era il black-out nelle comunicazioni. Dopo diversi tentativi, tornai in casa e col telefono fisso riuscii a chiamare la scuola di Chiara, a Padulle. Mi rispose una bidella: "I ragazzi sono tutti in salvo, in giardino. La scuola ha retto". Mi misi in macchina per andarla a prendere. E in auto riuscii a mettermi in contatto anche con la Robi, a Bologna, illesa pure lei. 

Ma era Matteo il più a rischio. La sua scuola è a Cento, al centro del Cratere. Riuscìì lui a chiamarmi. "Siamo tutti fuori, vienimi a prendere". La scossa era arrivata nel cambio dell'ora. Si erano dovuti mettere in salvo da soli. Prima infilandosi sotto i banchi, come da esercitazioni: ragazzoni grandi sotto i piccoli banchi delle aule. Poi, passata la scossa, infilando di corsa le scale da dove, mi raccontò poi Matteo, "si vedevano sui muri crepe dove potevi infilarci dentro le mani". La scuola è una costruzione recente, ma ha subito danni gravi, più di tanti edifici antichi.  Del resto, anche molte case "moderne" sono crollate mentre quelle più vecchie hanno resistito. Il che la dice lunga sulla qualità edilizia di questi ultimi decenni. Non so se anche la scuola ha rischiato di venire giù, ma di sicuro non era un prototipo di anti-sismicità. Tanto che per un po' di giorni nessuno c'è rientrato, tutti i materiali dei ragazzi sono rimasti a lungo dentro le aule, e ancora oggi la struttura principale è inagibile.   

Riunita la famiglia e passato lo spavento (ma Robi e i ragazzi hanno durato per settimane a dormire nella roulotte, in giardino), abbiamo cominciato a vedere alla televisione gli effetti devastanti del secondo terribile terremoto. Con cinismo, si può dire che la natura "ha finito il lavoro" cominciato dieci giorni prima. Interi paesi come Finale Emilia, San Felice, Sant'Agostino, Cavezzo, Mirandola devastati. Rocche, campanili ma anche palazzi e case più recenti crollati. Centri storici gioiello di città come Crevalcore, ma anche Cento e Ferrara, gravemente lesionati. I capannoni industriali costruiti senza alcuna precauzione anti-sismica, come le case dei Lego, con le travi solo appoggiate e non agganciate alle pareti, venuti giù come fossero di cartone, uccidendo i lavoratori che dentro avevano già ripreso il lavoro dopo la prima scossa del 19 maggio. Nelle case altri morti, feriti, disperazione.   

Ma subito è arrivata anche la reazione alla tragedia di questo straordinario popolo emiliano. Tutti si sono immediatamente messi all'opera per aiutare chi aveva bisogno, soprattutto i più deboli e disgraziati, e per ricostruire i servizi essenziali di una comunità, a cominciare proprio dalle scuole. Pochi a piangersi addosso e a invocare l'aiuto degli altri, dello Stato. Tanti a darsi da fare per tornare il prima possibile alla normalità. Ma anche solidarietà, condivisione, senso di unità e di appartenenza della comunità. 

E' passato un anno da quel 29 maggio. I problemi sono ancora tanti. Il tempo della ricostruzione è ancora lento, e lungo. Non mancano i disagi, le ottusità della burocrazia, le contraddizioni. Ma molto è stato fatto. Tutti si sono rimboccati le maniche e hanno fatto la loro parte: dai cittadini alle imprese, dal volontariato alla politica.

Sì, anche i vituperati politici nell'Emilia ferita dal terremoto hanno fatto bene: dai sindaci che si sono subito messi al servizio delle loro comunità, senza risparmiarsi, al commissario e presidente della Regione che è riuscito a imbastire a Roma l'impianto per la rinascita di questa nostra amata terra, portando a casa finanziamenti per 8-9 miliardi di euro. Nonostante tutto, rincuora ancora vivere in una regione così.

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