Post più popolari

lunedì 8 agosto 2022

Le prime elezioni senza la sinistra, che c'è ma non si vede. La disastrosa gestione Letta e il voltafaccia di Calenda facilitano la vittoria della peggior destra

 

Il bacio di Giuda

Saranno le prime elezioni politiche senza la sinistra in campo. Non perché manchino i simboli e le sigle, beninteso: di quelli ce n'è in abbondanza, come sempre, più delle marche di detersivo al supermercato. Ma perché per la prima volta manca un'idea di sinistra - o di centrosinistra se preferite - davvero convincente di governo del Paese. Che Italia e che mondo vuole chi fa riferimento a quel campo? Cosa pensa di fare concretamente e di diverso dai conservatori sulla crisi climatica, la guerra, la pace, un'Europa che non sia succursale degli Usa e nemica di Russia e Cina, per la qualità e la dignità del lavoro, i giovani e le donne, contro le nuove povertà e diseguaglianze, per i diritti civili, il fisco, la giustizia sociale? Io non l'ho capito, nelle aggregazioni che si profilano, quali e dove sono le differenze tra progressisti e moderati. Tutti appesi, con poche e timide eccezioni, all'Agenda Draghi. Che sarà pure il meglio che passa il convento, ma è anche lo specchio della politica senza più coraggio e pensieri lunghi, del compromesso e della difesa dello status quo. Per questo la partita, il 25 settembre, non si giocherà tra centro destra e centrosinistra, bensì tra destra e centro. Con un Pd che ormai tiene dentro tutto e il contrario di tutto come la vecchia Dc e con un po' di sinistra a rimorchio, insignificante quanto mai.

Dall'altra parte c'è la peggior destra: anti-europeista, sovranista, amica di Putin e Orban, nemica degli immigrati e dei diritti civili, che non riesce a chiudere i conti col fascismo e con il malaffare. Una destra che ripresenta facce e slogan del passato: la maschera di Berlusconi con le promesse di trent'anni fa, la Flat-Tax madre dell'ingiustizia sociale, il Dio patria e famiglia della Meloni, prima gli italiani e i porti chiusi di Salvini. Ma che oltre al sostegno dei ceti più privilegiati raccoglie anche il consenso di ampi strati popolari penalizzati dalla crisi economica e sociale, dimenticati dalla politica e dall'Agenda Draghi, attirati dalle sirene dell'opposizione e dall'idea che l'autoritarismo possa rompere i giochi e cambiare il corso delle cose.

Per contrastare questa destra, le forze che si richiamano al centrosinistra avrebbero dovuto, in primo luogo, calarsi nella vita reale, occuparsi delle persone in carne e ossa, mettere in campo proposte e politiche credibili verso quell'ampia fascia di popolazione che fatica ad arrivare a fine mese, vede aumentare giorno dopo giorno i costi della vita e ridurre sempre più il valore di stipendi e pensioni, vive nel precariato, sempre più sfruttata e oppressa, con la paura della guerra e della catastrofe climatica. In secondo luogo, considerando che si vota ancora con l'orribile "Rosatellum", partorito dal Pd, avrebbe dovuto cercare di costruire il più ampio schieramento elettorale possibile tra le forze che si oppongono alla destra.

Scriverlo oggi è come sparare sulla Croce Rossa, ma da qualunque lato si guardi la faccenda il segretario del Pd, Enrico Letta, le ha sbagliate tutte. Prima schiacciandosi in modo quasi messianico sull'Agenda Draghi e sull'Atlantismo armato per l'Ucraina: scelte che hanno creato disagio in quel che resta della sinistra del partito e soprattutto tra gli elettori storici, determinando anche i primi attriti con gli alleati di Articolo Uno, che poi, alla fine, si sono comunque accucciati nella lista Democratici e Progressisti con Pd, Psi e i cattolici di Demos. 

Poi lanciando la fatwa" contro Conte con cui il Pd aveva faticosamente costruito negli ultimi anni la piattaforma propedeutica alla nascita del "campo largo". Ora, è vero che il leader dei Cinquestelle ha regalato le elezioni anticipate alla destra non votando la fiducia a Draghi nel maldestro tentativo di recuperare al Movimento parte dei consensi in caduta libera, ma che motivo c'era di buttare a mare tutto il lavoro fatto assieme, di chiudere ogni possibilità di intesa anche solo elettorale sapendo che senza il 10% di cui è accreditato il M5S nei collegi non ci sarebbe stata partita? Intesa, peraltro, cercata con Di Maio, che con la sua scissione ha innescato il patatrack, e realizzata con Fratoianni e Bonelli, che la fiducia a Draghi non l'avevano mai data. 

Infine inseguendo l'alleanza politica con Calenda, Bonino e con gli ex di Forza Italia in modo così generoso e convinto da far titolare Repubblica sulla "Bad Goderberg del Pd", finalmente diventato partito di centro, con Draghi e nella Nato senza se e senza ma. La clamorosa giravolta di Calenda, che rischia di rimettere in gioco anche Renzi, sta lì a dimostrare il livello dei leader senza spessore e della classe politica più deprimente di sempre che ci ritroviamo, ma non attenua le responsabilità di Letta, che ora può solo sperare di far perdere bene il Pd, evitando la stravittoria della destra. Ma non sarà facile. In questa politica impazzita i più spaesati e depressi sono gli elettori di sinistra. Con il rischio che l'astensionismo stavolta vada a colpire soprattutto lì. "Sono tre notti che sogno di votare il primo simbolo in alto a sinistra, ma non c'è più", commenta amaramente sui social uno di loro.

Nessun commento:

Posta un commento