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lunedì 25 luglio 2022

L'Agenda Draghi e il listone centrista contro la destra fascioleghista. Il disagio degli elettori di sinistra per la linea e la gestione del Pd di letta

Chi ha fatto cadere il governo Draghi a otto mesi dalla scadenza naturale della legislatura e nella situazione drammatica che stiamo vivendo - clima, guerra, pandemia, crisi economica e sociale - ha procurato un grave danno al Paese. I calcoli di parte hanno prevalso sul bene comune ed è sperabile -ma non probabile - che alle elezioni i cittadini se ne ricordino. Si vota il 25 settembre. Il tempo è poco. La legge elettorale è pessima, spinge a formare coalizioni di forze anche molto diverse tra loro più che a valorizzare le idee, i programmi, le identità di ciascuna. Ma quella che si sta profilando non è una sfida tra centrodestra e centrosinistra, bensì tra la destra fascio-leghista e un grande centro moderato e liberista più o meno mascherato.

"O noi o la Meloni", dice Enrico Letta. Che chiude a qualsiasi ipotesi di intesa con i Cinquestelle "traditori", anche a quelle minimali ma indispensabili per sperare di vincere nei collegi uninominali. Apre invece a Di Maio, Calenda, Brunetta, Gelmini e afferma: “Se non convinciamo a votare per noi elettori che stavano con il centrodestra, la partita non si gioca nemmeno”. Il governatore dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che molti vedono come prossimo segretario del Pd, va oltre e si lancia nell'ardua impresa di andare a prendere i voti di quei Cinquestelle a cui i democratici un giorno sì e l'altro pure mettono le dita negli occhi. Letta propone poi un listone di "Democratici e Progressisti" col quale garantirebbe l'elezione anche di esponenti della sinistra di Articolo Uno, ma non di quelli di Italia Viva. Un veto probabilmente destinato a cadere, dal momento che mezzo Pd è ancora renziano. Il segretario di Articolo Uno, Roberto Speranza, si è già detto disponibile a stare dentro quella lista. Renzi invece ha detto che se non lo vogliono correrà da solo.

Uno scenario che alimenta un profondo disagio negli elettori di una sinistra finora completamente tagliata fuori dai giochi. Non convince l’Agenda Draghi come nuova frontiera del progressismo. Non convince l'idea che possa bastare un cartello elettorale centrista, per quanto ampio, per battere le destre. Non si accetta che i valori e le istanze della tradizione socialista (giustizia sociale, dignità del lavoro, diritti, ambiente, pace) siano lasciati nelle mani di Conte, di personaggi come De Magistris e della sinistra più radicale.

Sui social ci sono esponenti dell'ala non democristiana del Pd per niente convinti della linea e della gestione del segretario, militanti perplessi, persone che hanno sempre votato quel partito che questa volta non intendono subire il ricatto del meno peggio contro la destra, cittadini della sinistra-sinistra che meditano di non andare a votare e diversi che annunciano invece l'intenzione di votare Cinquestelle come gesto di ribellione agli attacchi violenti, considerati in gran parte immotivati, a Giuseppe Conte. Su change.org è partita anche una petizione per invitare Letta, Speranza e Bersani a "guardare avanti e a riprendere il confronto tra Centrosinistra e Cinquestelle", dal momento che i loro "valori e programmi hanno contenuti e profili ampiamente compatibili per una piattaforma comune col Campo progressista". Altri ritengono che bisognerebbe lavorare per costruire un "rassemblement" tra le forze della sinistra storica e radicale, i movimenti dell'ambientalismo e del pacifismo, il civismo e anche il M5s di Conte. Una lista che potrebbe dare la rappresentanza politica e parlamentare che si merita al popolo di sinistra stringendo patti elettorali con il listone lettiano, almeno nei collegi uninominali.

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