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venerdì 8 maggio 2020

L'Emilia-Romagna apre sui test sierologici volontari dei cittadini. Con qualche scelta incomprensibile, un business di troppo e un sospetto di fondo



Tra le cose che non mi tornavano in questa brutta faccenda del Covid - e ce ne sono parecchie, nazionali e lombarde in particolare - c'era l'opposizione iniziale della Regione Emilia-Romagna ai test sierologici volontarti. Il test non è una patente di immunità, ma chi lo fa scopre se è venuto in contatto col virus. Se ha contratto il virus, il test segnala gli anticorpi. In tal caso per scoprire se uno è ancora contagioso deve fare il tampone e, se risulta positivo, deve mettersi in quarantena. Significherebbe avere meno untori inconsapevoli in giro. Quindi una misura di prevenzione importante, tanto più in questo periodo di riapertura e con quasi la metà degli infetti asintomatici in libertà. Inoltre, servirebbe a tracciare i contatti dei contagiati e quindi a poter combattere più efficacemente la diffusione del virus.

Mi chiedevo come mai una misura così, che conviene a tutti, venisse osteggiata anzichè favorita. Nei giorni scorsi mi ero quindi permesso di invitare il presidente Stefano Bonaccini ad autorizzare i test sierologici anche ai privati cittadini. Altri, ben più qualificati di me, l'hanno fatto. E la misura è infine arrivata. Due giorni fa è uscito un comunicato, con questo annuncio:

"La Regione accelera sui test sierologici per la ricerca degli anticorpi Covid-19. Dalla prossima settimana anche i privati cittadini potranno farli: servirà la prescrizione del medico, il test dovrà essere effettuato nei laboratori autorizzati dalla Regionre, che al momento sono 25".

Una buona notizia. Ma con qualche contraddizione e sospetto di troppo. Provo ad elencarli.

Intanto il numero esiguo di laboratori autorizzati: 25 in tutta la regione, di cui tre a Bologna, sono pochissimi, anche se sono annunciate a breve altre autorizzazioni. E quei pochi da quel che leggo sono già sommersi di richieste. Poi, da quel che ho visto, sono tutti privati. E chiedono dai 40 ai 60 euro (ma alcuni mi risulta anche 100) per il test. Insomma, un discreto business.

I medici di base ne sanno ancora pochissimo. Il mio, a cui ho chiesto la prescrizione, era informato e me l'ha fatta. Ma con una precisazione: che trattandosi di laboratori privati e non di sanità pubblica, la richiesta non si capisce a cosa serva. Non solo. Non essendo mutuabile, chi come me ha il fascicolo sanitario elettronico non può avere la prescrizione online; deve andarla a ritirare allo studio medico, che di questi tempi non è proprio il massimo.

In tutti i casi, se la prescizione è inutile, perchè la Regione ce la chiede? E se il test è una misura efficace di sanità pubblica, perchè non si può fare in laboratori pubblici o convenzionati? Possibilmente pagando solo il ticket, come per gli altri esami prescritti dal medico. Mah!

Inoltre, mi chiedo, lasciando questa iniziativa ai privati (sia pure autorizzati) e a carico del singolo cittadino (su base volontaria), chi decide comunque di fare il test, se trova gli anticorpi sarà obbligato o no a sottoporsi al tampone? E se, com'è auspicabile, chiederà il tampone, troverà un servizio, un centro, qualcuno che glielo fa? Perchè a oggi, da quel che mi risulta, nonostante gli annunci sul "combatteremo il virus casa per casa" ci sono ancora persone con i sintomi del virus che chiedono il tampone a domicilio e nessuno va a farglielo.

Per tutto questo viene il sospetto che questa tardiva apertura ai test, con lacci e lacciuoli annessi, sia volutamente tenuta sotto traccia perché il servizio sanitario non ha ancora i tamponi, i reagenti, i laboratori, il personale sufficienti per fare questo fondamentale lavoro di screening e tracciamento. Sospetto aggravato dal fatto che, nonostante i ripetuti annunci sui 10-15 mila tamponi al giorno, siamo ancora ancorati a quota cinquemila. Se è così sarebbe grave. Ma spero di essere smentito.

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