La verità storica non rende giustizia alle vittime
C’è chi dice che la trama del terrore in Italia, delle connivenze tra terroristi, mafiosi, apparati dello Stato e perfino potenze straniere, è comunque ormai nota, che conosciamo la verità sostanziale anche se non avremo mai piena verità giudiziaria. Come dire che ormai la giustizia deve cedere il passo alla storia. E la storia ci racconta che dal dopoguerra fino a Via Fani e all’assassinio di Moro, si è cercato in tutti i modi, non con le armi della politica e dell’economia ma con l’aiuto del terrorismo e di apparati e depistatori di Stato, di impedire che la sinistra e i comunisti in particolare arrivassero al governo di questo Paese nevralgico per gli Stati Uniti e la Nato. La storia ci dice che il Dc9 dell’Itavia è stato tirato giù da un missile alleato probabilmente diretto a Gheddafi nell’ambito di una azione Nato. La storia ci dice che le bombe le mettevano i fascisti, spesso con l’aiuto dei servizi “deviati” e di organizzazioni atlantiche tipo Gladio o la P2.
In 25 anni 150 morti e 650 feriti
Ma ci si può accontentare di queste ipotesi ormai storicamente e politicamente dimostrate? Davvero si può lasciare ciò che è accaduto alle analisi politiche e sociologiche senza perseguire i colpevoli, risarcire le famiglie degli oltre 150 morti e 650 feriti che ci sono stati negli anni Settanta, Ottanta e Novanta del secolo scorso, senza provare a dare verità e giustizia alle vittime di Piazza Fontana e Piazza della Loggia, dell’Italicus e del Rapido 904, di Milano e di via dei Geogofili, fino alle madri di tutte le stragi: quelle di Ustica e quella della stazione di Bologna? Io non credo. Credo invece che bisogna continuare a battersi e a chiedere con più forza che la verità venga fuori, tutta. E credo che se questo non avverrà, il nostro non sarà mai un Paese civile, pacificato, maturo, indipendente, dove la sovranità appartiene al popolo e la politica è al suo servizio.
Bologna non dimentica
Bologna oggi ha dimostrato di essere ancora, nel profondo, la città fiera, caparbiamente democratica e di sinistra, assetata di verità e giustizia che tutti conosciamo. Una città che non dimentica e aspetta ancora il 2 agosto per stringersi ai familiari delle vittime della strage prima di andare in ferie. La piazza davanti alla stazione, sotto l’orologio fermo alle 10.25, era piena di gente, perché, come ha detto bene Francesco Guccini, “a Bologna il 2 agosto bisogna starle vicino”. Il silenzio, la sirena, il lungo applauso in ricordo dei morti e dei feriti. Oggi Bologna ha testimoniato ancora una volta all’Italia che quella ferita 35 anni dopo è ancora aperta e fa sempre male.
Renzi "cambi verso" alla storia delle stragi impunite
Il presidente Mattarella ha risposto ricordato, nel suo messaggio, che ci sono ancora “angoli bui, mandanti e complici” da scoprire. E il presidente del Senato, Grasso, ha aggiunto che "la verità non va in prescrizione". Bene, il premier Renzi, che a parole dice di voler “cambiare verso” al Paese per portarlo “fuori dalla palude”, se vuole dare credibilità all'azione del governo e dignità alla politica, passi dalle parole ai fatti, si dia da fare per aprire tutti gli armadi e desecretare tutte le carte. Se lo farà, si potrà sperare di arrivare non solo alla verità storica, ma anche alla giustizia. Tutto il Paese gli sarà grato se ciò avverrà. E solo allora l’orologio della stazione di Bologna potrà, forse, ricominciare a segnare il tempo.
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