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martedì 25 novembre 2014

Regionali, le ragioni dello "sciopero del voto" secondo il segretario regionale del Pd e secondo me

Su Facebook il segretario regionale facente funzioni del Pd, Giorgio Sagrini, che è anche (credo) un amico oltre che un quasi mio conterraneo, motiva la clamorosa astensione di massa dal voto degli elettori dell’Emilia-Romagna (oltre 62% di non votanti) essenzialmente con queste due ragioni:

“…il discredito, il danno di immagine arrecato all'istituzione Regione dall'indagine sui rimborsi ai consiglieri regionali e le altre vicende giudiziarie che hanno investito la Regione contribuendo ad allontanare molti elettori e elettrici dai seggi”;

“…il disagio sociale, sconosciuto in queste dimensioni nella nostra Regione, provocato dalla precarietà, dall'incertezza del futuro, dalla perdita del lavoro o dall'impossibilità di trovarlo”.

Questa la risposta che gli ho dato e che voglio condividere con voi.

Caro Giorgio, è sicuro che la desolante vicenda delle "spese facili" e il "disagio sociale", come tu lo chiami, hanno influito sull'astensione e sul brutto risultato del Pd. Ma questo, in una regione come la nostra, non basta a spiegare perchè più della metà dell'elettorato è rimasta a casa e perchè il Pd ha perso quasi 700mila voti sulle europee di solo 6 mesi fa (e 300mila sulle precedenti regionali).

La verità, io credo, è che l'elettorato tradizionalmente di sinistra dell'Emilia-Romagna con lo "sciopero del voto" ha voluto bocciare anche alcune scelte di fondo di Renzi (in primis il patto del Nazzareno con Berlusconi) e del suo governo, a cominciare dal "jobs act" e dall'atteggiamento del premier sprezzante verso i sindacati e tutti coloro che difendono i diritti faticosamente conquistati sul lavoro e accondiscendente, per non dire ossequiente, verso Confindustria, i Marchionne, i Barilla, i Serra e compagnia bella. Senza dimenticare la perplessità che si avvertono in una larga parte della sinistra verso le pasticciate riforme della legge elettorale, delle Province e del Senato.

Il popolo dell''Emilia-Romagna, per come lo conosco io, è sì rimasto disgustato dalle cene da 200 euro a cranio del capogruppo Pd Monari, dai week end con moglie al seguito (o amante, o segretaria) a spese della Regione, dai falsi rimborsi chilometrici, dai 50 centesimi per la pipì al cesso messi in nota spese, e anche da chi come l’ex presidente dell’Assemblea, il renziano Richetti, si è fatto bello tagliando i vitalizi solo per quelli che verranno dopo, le spese degli altri ma non quelle del suo ufficio.

Il popolo di sinistra è sì convinto che bisogna fare piazza pulita di questo squallore e di questa malapolitica che si è ritrovato in casa, che bisogna cambiare musica e suonatori. Ma vuole che questo sia fatto, io credo, rinnovando la propria profonda tradizione popolare, solidale e di sinistra, non ritrovandosi d'emblée da popolo ex comunista a popolo neo-democristiano.

Vuole, io credo, un rinnovamento profondo ma che mantenga i tratti di fondo che ne hanno caratterizzato la storia e ne caratterizzano ancora oggi lo spirito (vedi alla voce terremoto), non lo stravolgimento che è insito nel dare addosso alla Camusso e lisciare il pelo ai vari Squinzi, Marchionne, Serra, nel trasformare la nostra Costituzione in una Repubblica fondata più sull'impresa che sul lavoro, nell'abolire Province e Senato eletti dal popolo per poi farli rinascere ma con nominati dalle segreterie dei partiti.

Il popolo di sinistra dell'Emilia-Romagna che domenica ha scioperato contro il Pd, vuole sì un leader che gli faccia finalmente vincere le elezioni dopo tante delusioni; vuole sì un premier che riesca a cambiare l'Italia e a tirarla fuori dalle attuali secche, ma non facendo traslocare gli elettori da un partito di sinistra a un partito pigliatutto di centro che, peraltro, ripropone in salsa moderna (e neanche troppo) le politiche liberiste che hanno portato a questa situazione di crisi e la sinistra a essere succube in Europa.

Forse, caro Giorgio, è meglio che qualcuno cominci a farglielo notare a Renzi. Perché, se si sottovaluta quello che è successo domenica 23 novembre in Emilia-Romagna, poi si rischia di ritrovarsi, a breve, senza più un partito, senza militanti, senza volontari alle feste de l'Unità, senza elettori di sinistra. E, caso mai, con un leader vincente ma di un altro post-partito e schieramento.

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