Meno di un anno fa, quando Pierluigi Bersani fece l’errore
di accettare la diretta streaming per il turno di consultazioni con i
grillini, Matteo Renzi, in una intervista al Corriere della Sera lo accusò con
queste parole: “Mi veniva da dire, Pierluigi, sei il leader del Pd, non farti
umiliare così! Ho pensato a cosa doveva provare una volontaria che va a fare i
tortellini alla festa dell’Unità: credo ci sia rimasta male nel vedere il suo
leader trattato così”.
Poi ci fu la critica al segretario che “mi pare spompo” e a
seguire l’affondo contro la proposta di Marini candidato alla Presidenza della
Repubblica e il sospetto del sabottaggio (sempre però negato da Renzi) sulla
proposta Prodi, con la vergogna dei 101 franchi tiratori che affossarono il
padre fondatore del Pd e le conseguenti dimissioni del segretario Pd.
Com’è andata dopo lo abbiamo visto tutti. L’ex Rottamatore
ha preso il posto di Bersani e ora s’appresta a prendere quello di Enrico
Letta. E ora che è lui il Presidente del Consiglio incaricato, che fa? Rifà
l’errore di accettare di nuovo lo streaming, nella stessa sala del Cavaliere e
allo stesso tavolo dove si sedette Bersani, per di più con Grillo, e non Crimi,
dall’altra parte del tavolo.
Lui, il nuovo fenomeno della politica italiana, cade come un
pivello qualsiasi nella trappola dell’esaltato di Genova – sulla cui arroganza
e maleducazione ormai non ci sono più parole – che, com’era largamente
prevedibile, è andato lì non per ascoltare e confrontarsi con Renzi sul governo
del Paese prossimo venturo, ma solo ed esclusivamente per alimentare il suo
orrido show.
Così l’ormai premier che prima ancora di sciogliere la
riserva e ottenere la fiducia ha già annunciato una riforma al mese per i
prossimi sei mesi (se ci riesce, in questo Paese e con Alfano e Giovanardi come
partners; se saranno riforme vere e non annunci ad uso e consumo dei social
network, giuro che divento renziano), si fa a sua volta umiliare. E, cosa ancor
più grave, espone pure l’istituzione che rappresenta all’umiliazione di uno che
straparla e non ha nemmeno la buona creanza di lasciare parlare il Presidente
del Consiglio incaricato. Per di più, subito dopo che quella stessa istituzione
è già stata costretta (costretta?) a consultare pure un altro leader condannato
in via definitiva: Silvio Berlusconi.
E poco conta che, avendo Renzi la battuta pronta, risponda a
Grillo per le rime. Da grande esperto di comunicazione qual è, dovrebbe sapere
bene, l’ex sindaco, che il confronto davanti a una telecamera non è mai un
confronto vero, genuino, sincero. Può andare bene in un talk show, ma non in
una sede istituzionale, tanto più se così importante come quella. Lì, se il
senso dello Stato ha ancora un senso, i confronti si dovrebbero fare tra
persone che si guardano negli occhi pensando agli interessi del Paese. Lì,
quanto meno, dovrebbero essere richieste ai partecipanti serietà,
responsabilità, riservatezza. L’esatto opposto di una diretta streaming.
Nessun commento:
Posta un commento