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domenica 28 ottobre 2012

Predappio: c'è l'anniversario della marcia su Roma, torna l'adunata dei nostalgici del duce. Ma il sindaco mette una tassa di 30 euro ai pullman delle camicie nere

Di seguito l'articolo pubblicato oggi, domenica 28 ottobre, su l'Unità, come tutti gli altri non firmato, perchè i giornalisti del quotidiano fondato da Antonio Gramsci aderiscono allo sciopero delle firme per protesta contro l'editore che ritarda i pagamenti degli stipendi, dei rimborsi e dei compensi ai collaboratori. A seguire, l'articolo di ieri, sabato, su Padre Tam, il prete vangelo e manganello diventato un'icona dei neo-fascinazisti di Forza nuova.


PREDAPPIO. Ci risiamo. Oggi ricorre l’anniversario della marcia su Roma e «la città del duce» torna a riempirsi di camicie nere. Almeno 4-5mila quelle attese. Ma quest’anno è il novantesimo e potrebbero essere di più. È la condanna di Predappio. Tre volte l’anno, per le ricorrenze della Marcia (28 ottobre), della nascita (29 luglio) e della morte (28 aprile) di Benito Mussolini, la città romagnola diventa prigioniera dei simboli e dell’ideologia nostalgica del fascismo. E non ne può più.

Per 50 anni i sindaci «rossi» hanno lasciato fare. Anzi, sembravano strizzare l’occhio al turismo dei «neri» che portava gente a Predappio. Poi è diventato sindaco Giorgio Frassineti, detto «Cent, il figlio della Graziella», sempre del Pd ma con idee diverse dai suoi predecessori, e la musica è cambiata.

«Questo non è turismo - dice - l’economia del duce gira attorno a tre negozi di souvenir, a qualche bar e ristorante, mentre la mia città ha 622 partite Iva». Ma non è solo questione di turismo ed economia. «Questa fascisteria è nemica di Predappio - dice ancora il sindaco - non ci permette di pensare al futuro, ci relega al passato, fuori dalla ricerca della verità. Io voglio togliere la mia città dalle mani dei peggiori, restituirgli la storia di tutto il Novecento. I predappiesi sono con me».

Così Frassineti comincia a contrastare i riti del passato e a lavorare per costruire una nuova immagine della sua città, cominciando dal recupero della memoria dei suoi «padri nobili» dimenticati: quella del padre anarco-socialista di Benito, Alessandro Mussolini, ad esempio, che fu determinante per fare eleggere in Parlamento Andrea Costa, o quella di Adone Zoli, che fu premier dopo De Gasperi.


La sua giunta nel 2010 dichiara guerra ai commercianti dei simboli nazi-fascisti, vietando loro la vendita dei souvenir fuori dal cimitero di San Cassiano dove c’è la tomba del duce, meta di 300mila visitatori l’anno. E quest’anno mette la «tassa sui pullman»: 30 euro per ogni sosta in città.

Apriti cielo. La protesta degli organizzatori della sfilata e dei nostalgici impazza: «È una provocazione, ci vuole boicottare». «Ma no, non è un’azione ideologica - si schermisce Frassineti - i pulman non sono né di destra né di sinistra, ma sono ingombranti, inquinano. Ed è giusto che paghino». Intanto sulla pagina Facebook del sindaco fioccano gli insulti. Davide Fabbri “Vikingo”, che si spaccia come pronipote del duce ed è specializzato in lap-dance, minaccia rivelazioni a Perugia su Frassineti. Mentre «Ariete67», comunista incavolato, se la prende col sindaco che permette quelle adunate. Ed è il colmo per il «Cent».



PADRE TAM, IL TEOLOGO DEI NEO-FASCISTI DI FORZA NUOVA

Sull’ideologia c’è poco da indagare, purtroppo. Lo striscione al “Cassero”, gli slogan e le gesta contro gli omosessuali e gli islamici - vale a dire i bersagli preferiti del movimento - che le cronache ci riportano, si commentano da soli. Più interessante, se così si può dire, è approfondire il «riferimento spirituale» di Forza Nuova. Che ha il nome, il volto e la stazza di un prete valtellinese che ha solidi e frequenti rapporti con Bologna. Si tratta di Giulio Maria Tam, il prete «vangelo e manganello» che, essendo fisicamente un gigante, della sua tonaca dice con orgoglio: «È la mia camicia nera taglia XXL».

Padre Tam è seguace del vescovo francese ultra-tradizionalista Marcel Lefebvre e allievo del vescovo negazionista, Williamson. È stato scomunicato dalla Chiesa, ma continua a dire messa. Il diritto canonico gli impedirebbe l’attività politica, ma lui se ne infischia e prosegue le sue crociate. Tanto che nel 2004 si candida alle europee con Alternativa sociale della “ducia” Alessandra Mussolini. È cinque anni dopo lo si vede candidato sindaco alle elezioni comunali di Bologna per Forza Nuova. La candidatura gli costa una censura senza appello da parte del cardinale, Carlo Caffarra. Il vescovo della città prima precisa che padre Tam «non ha nulla a che fare con la Chiesa cattolica». Poi lo definisce una persona «incapace di intendere e di volere», perchè «altrimenti non direbbe ciò che dice».

Ma lui ancora una volta tira diritto. E il movimento della destra xenofoba lo sostiene con entusiasmo. Il leader bolognese e vicesegretario nazionale, Gianni Correggiari, presenta così la sua candidatura: «È un atto di amore per la città, contro la politica affarista, da parte di un missionario». Nelle urne, il 6 e 7 giugno 2009, l’atto d’amore non viene ricambiato: Giulio Tam prende appena 451 voti, pari allo 0, 2%. Ma tant’è. Il suo credo, «Dio, patria e famiglia», più che a caccia di anime e di voti lo porta raccogliere camicie nere. Come quelle che ogni anno benedice a Predappio, la città del duce, ai raduni dei neo-fascisti nelle tre date canoniche della marcia su Roma, della nascita e della morte del dittatore. Lì va a fare la «pastorale fascista» e celebra messa per Mussolini, esordendo puntualmente così: «Camerati, nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo». Segue saluto romano.

Curioso personaggio, don Tam. Valtellinese di origine, figlio di democristiani, un fratello leghista, un altro che è stato consigliere regionale dei Ds in Lombardia, nipote di Angela Maria Tam, una terziaria domenicana che aveva dedicato la vita a Dio e al duce, faceva l’ausiliaria nella Repubblica di Salò e venne fucilata alla fine della guerra dai partigiani. Giulio Maria Tam viene stregato dal fascismo quando ha appena quindici anni. E una volta diventato prete, alimenta più la fede nel duce che in Dio, fino a diventare una icona dei neo-fascisti e neo-nazisti di mezzo mondo.

Ai militanti e dirigenti di Forza nuova tiene regolarmente corsi di formazione. Il segretario nazionale, Roberto Fiore, secondo il don in camicia nera allargata, è «il migliore esempio di buon cattolico e padre di famiglia: ha avuto undici figli tutti dalla stessa donna». Poco importa che Fiore abbia subito una condanna per banda armata. Che sia stato il padre della formazione sovversiva neofascista «Terza Posizione», nel 1977. E che, dopo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, si sia rifiutato di fornire informazioni ai giudici che indagavano su quel bestiale atto di terrorismo nero (si avvalse della facoltà di non rispondere).

Oltre che per i raduni di Predappio e le candidature con la destra neo-fascista, padre Tam negli ultimi anni è salito agli onori della cronaca per la sua crociata contro «l’invasione islamica», che conduce canticchiando al ritmo di Papaveri e papere la seguente filastrocca: «E adesso per gli islamici/adesso arriva il bello/rosario e manganello/rosario e manganello».

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