Post più popolari

giovedì 31 maggio 2012

Due o tre cose che voglio dire sul terremoto

E così siamo precipitati dentro il terremoto. Un bruttissimo terremoto. Quando volevamo trovare difetti ambientali alla "bassa" emiliana, dicevamo che c'è l'afa d'estate e la nebbia d'inverno, che le campagne, i borghi e le città sarebbero bellissimi se non ci fosse quel clima padano che non fa mai vedere il cielo. E quando pensavamo alle catastrofi ci venivano in mente le alluvioni, mai i terremoti. Anzi, se c'era un posto dove il terremoto proprio non era nelle teste della gente, quello era proprio la "bassa" reggiana, modenese, bolognese, ferrarere. E ora purtroppo lo si è visto, con quei capannoni venuti giù alla prima e alla seconda scossa come se fossero delle costruzioni dei Lego.

Questo fino alle 4.05 del mattino di domenica 20, quando siamo stati svegliati dall'urlo del sisma e dai letti che giravano per casa. Noi fortunati che siamo ai bordi del cratere. Perchè dentro quel cratere, a San Felice, Sant'Agostino, Finale sono crollate anche le chiese, le rocche, gli edifici più antichi e purtroppo anche le fabbriche costruite pochi anni fa. E ci sono stati i primi 7 morti.

Nei giorni seguenti abbiamo scoperto che pensavamo di vivere in una pianura, ma in realtà stiamo seduti sopra un pezzo di appennino sepolto. E negli appennini, si sa, il terremoto tira; eccome se tira. Poi abbiamo saputo che il terreno sedimentale che sta sotto di noi è un veicolo moltiplicatore delle onde sismiche. Che, per di più, non resiste al sollevamento del "mostro" che scuote le sue viscere, e si liquefà. Come se non bastasse, i sismologi ci hanno spiegato che da Piacenza a Ferrara, più o meno lungo l'asta del Po', corre il confine della faglia Adriatica. La quale non è altro che la propaggine settentrionale della placca africana che spinge gli Appennini a congiungersi con le Alpi e la placca europea, schiacciando la molle pianura padana.

Insomma, il massimo della sfiga sismologica. La Padania quasi come la California in attesa del Big One. Sì, perchè, ci hanno poi spiegato gli storici, 450 anni fa un Big One Padano c'era già stato, causò morte e distruzione da Ferrara a Finale Emilia, ebbe uno sciame lungo 4 anni e alla fine costrinse alla fuga gli Estensi.

Noi ignorantoni non ne sapevamo niente. Ci siamo acculturati un po', abbiamo aggiornato il nostro dizionario geologico e sismologico, ci siamo sentiti vicini a quei poveri operai morti nel turno di notte nei capannoni crollati, abbiamo cercato di dare una mano d'aiuto e di solidarietà ai centri più colpiti, ci siamo sentiti orgogliosi di essere emiliani a vedere quei nostri conterranei che non si lamentano mai, la dignità che sprigiona dai loro visi, quel loro rimboccarsi le maniche per ripartire. Poi siamo rientrati nelle nostre case aspettando che lo sciame passasse, o almeno si affievolisse.

E ieri mattina, martedì 29 maggio alle 9.01, sbam, la nuova sberla del "mostro". Forte quasi come la prima ma ancor più devastante, perchè più in superficie e su strutture già sotto stress. Con il suo carico di morte, distruzione e paura: altre 17 vittime, interi centri storici distrutti, un paese intero - Cavezzo - cancellato, 350 feriti, 15mila e forse più sfollati. E' stato come precipitare all'improvviso in un'altra dimensione. Un incubo, come dice chi ci è trovato in mezzo.

Vedere tutta quella distruzione mette una grande angoscia. Guardare questo fiero e grande popolo in ginocchio, fa venire una grande tristezza. Dover contare ancora i morti nei luoghi di lavoro alimenta una gran rabbia. Se, da un lato, è dura dover constatare che noi "civilizzati d'Occidente" con le nostre armi superpotenti, le reti tecnologiche avanzate, i nostri smarth-phone avveniristici in realtà siamo niente di fronte alla forza della natura, dall'altro viene da chiedersi: ma quando impareremo a diventare davvero un Paese civile? Mi chiedo: è mai possibile che i nostri "cervelli", i sismologi e i geologi che sapevano che la pianura padana è in questa situazione di rischio tellurico, e che oggi straparlano, fino a 10 anni fa abbiano inserito la "bassa" emiliana  nella parte "a bassissimo rischio" delle loro mappe sismologiche? Possibile che i nostri imprenditori, così ingegnosi, così bravi a produrre e a trovare nuovi mercati, non abbiano saputo trovare di meglio che costruire i loro capannoni al risparmio, con i Lego? Possibile che i nostri politici, dal governo di Roma al più piccolo dei Comuni, non abbiano tra le proprie priorità d'azione la tutela del proprio patrimonio artistico e culturale, del proprio territorio, della gente che ci vive e lavora? Che non riescano a trovare le risorse per salvare i monumenti, le torri, i campanili? Che non sappiamo promuovere e garantire la costruzione di case e fabbriche di qualità, o che almeno stiano in piedi. Possibile che anche nella nostra cara Emilia-Romagna il dio denaro debba prevalere sempre e comunque sulla vita delle persone?

Forza compagni emiliani, incazziamoci e diamoci da fare come solo noi sappiamo fare. Dimostriamo che non solo sappiamo rimetterci in piedi, ma anche guardare avanti. Sono sicuro che ce la faremo anche questa volta. E un grande abbraccio a tutti coloro che in questi giorni tristi hanno dovuto piangere qualcuno, o che ora non hanno più una casa dove stare o un posto di lavoro sicuro dove andare.



Nessun commento:

Posta un commento