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giovedì 28 aprile 2016

Pensioni, la supercazzola del governo è in inglese: sempre fregatura è ma più schick

La "supercazzola" del governo sulle pensioni http://www.huffingtonpost.it/claudio-visani-/la-supercazzola-del-governo-sulle-pensioni_b_9757394.html?utm_hp_ref=italia-politica avrà un titolo inglese, che fa più schick: "position paper". A che altezza andrà a posizionarsi, provo a spiegarvelo in questo articolo pubblicato anche su Huffington Post http://www.huffingtonpost.it/claudio-visani-/pensioni-ecco-cose-il-position-paper_b_9788246.html?utm_hp_ref=italy.



Stando all'intervista del Messaggero al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini http://economia.ilmessaggero.it/economia_e_finanza/pensioni_nannicini_soluzioni_uscita_anticipata-1696578.html, il "position paper" è il documento che l'esecutivo sta scrivendo sulla flessibilità pensionistica, sollecitata anche da una mozione della maggioranza parlamentare che lo sostiene. Dovrebbe essere presentato a maggio ed entrare nella Legge di Stabilità 2017. Il piano riguarderebbe tre situazioni di possibile pensionamento anticipato e per ciascuna di esse immaginerebbe un "intervento multiplo di Stato, Inps, banche e assicurazioni".

La proposta che il Governo si appresta a presentare

Le anticipazioni sono scarne. Si sa che il piano dovrebbe costare "meno di un miliardo" allo Stato, quindi saremmo ben lontani dalla spesa di 5-7 miliardi finora stimata per consentire l'uscita dal lavoro con 3-4 anni di anticipo rispetto ai 66 anni e 7 mesi fissati dalla riforma Fornero. Le tipologie interessate sarebbero: le persone che volontariamente intendono andare in pensione anticipata, tipo "la nonna dipendente pubblica che vuole accudire i nipotini", per citare l'esempio fatto a suo tempo dal premier Renzi; i sessantenni disoccupati (degli over 55 non si parla nemmeno più) troppo vecchi per trovare un nuovo lavoro e ancora lontani dall'età pensionabile; i dipendenti delle aziende in crisi che vogliono ridurre o ristrutturare l'organico ricorrendo ai prepensionamenti. Il minimo comune denominatore di tutte e tre le soluzioni sarà il "prestito pensionistico", che andrà ad alimentare un nuovo "mercato": quello dei prestiti previdenziali erogati dal sistema bancario o dai fondi pensione.

Vi spiego dove sta la fregatura

A questo punto vi chiederete: quindi qual è la "supercazzola"? O meglio: dove sta la fregatura? Sta nel fatto che il conto del "position paper", almeno per due topologie su tre di pensionandi, non lo pagherà lo Stato, che con le riforme Sacconi-Fornero ha alzato all'improvviso e di molto l'asticella dell'età pensionabile, bensì il lavoratore o l'azienda che questo "scalone" hanno subito.

Per andare in pensione anticipata bisogna contrarre un mutuo

Mi spiego meglio. Il lavoratore che, avendo i requisiti, chiederà volontariamente di andare in pensione prima dei 66 anni e 7 mesi, dovrà contrarre una sorta di mini-mutuo per gli anni di anticipo (il "prestito pensionistico") e rimborsarlo di tasca propria, una volta che avrà raggiunto l'età pensionabile, con corpose rate mensili trattenute dalla pensione ordinaria che gli spetterebbe.

I prepensionamenti li pagano l'azienda e il lavoratore

Per chi andrà in prepensionamento, invece, il costo verrà ripartito tra l'azienda che lo chiede e il lavoratore. In questo caso non si capisce dov'è la novità, dal momento che già con la riforma Fornero non è più l'ente previdenziale o lo Stato ad accollarsi i costi, ma tocca al datore di lavoro il pagamento dei contributi dovuti per gli anni che mancano al pensionamento. Non si chiama più prepensionamento ma "esodo volontario" e consente di anticipare fino a quattro anni il pensionamento dei dipendenti anziani. L'azienda versa ogni mese l’importo dell’assegno che l’Inps gira all’ex dipendente fino al raggiungimento della pensione, più il costo dei contributi figurativi per gli anni che mancano all'età pensionabile. Il lavoratore, dal canto suo, riscuote una pensione decurtata dalle penalizzazioni per ogni anno di anticipo, parecchio più bassa di quanto sarebbe se continuasse a lavorare fino all'età pensionabile.

Solo per i sessantenni disoccupati si apre uno spiraglio, ma...

L'unica eccezione (positiva) sarebbe per i sessantenni disoccupati: in quel caso, secondo quanto detto da Nannicini, le penalizzazioni per gli anni di anticipo le pagherebbe "in buona parte lo Stato". Quanto sia la "parte" però non si sa. Ed è difficile immaginare che sia poi così "buona", dal momento che le persone con più di 55 anni senza lavoro e senza pensione sono, secondo le ultime stime Istat, circa 600mila (quanti siano gli over 60 non è noto), e che il governo conta di stanziare per loro "meno di un miliardo".

E Damiano rilancia la proposta di cancellare lo scandalo delle ricongiunzioni onerose

Il presidente della Commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), si è detto soddisfatto di quella che considera "una apertura del governo sulla flessibilità http://www.repubblica.it/economia/2016/04/27/news/flessibilita_pensioni_il_piano_di_nannicini-138554370/?ref=HREC1-12. Se i contenuti dell'apertura sono quelli anticipati da Nannicini, verrebbe da dire, alla romana: "Soddisfatto de che?".

Damiano, tuttavia, ha anche annunciato che presenterà un pacchetto di proposte sulle pensioni che contempla anche il tema delle ricongiunzioni onerose, rilanciando la proposta di cancellazione di quella "estorsione di Stato" che io e Daniela Binello, con l'appoggio (per ora soltanto formale) della Fnsi e di alcuni parlamentari (Sandra Zampa, Marialuisa Gnecchi, Giorgio Pagliari) abbiamo denunciato nella conferenza stampa del 1 marzo scorso alla Camera http://visanik.blogspot.it/2016/03/pensioni-il-caso-delle-ricongiunzioni.html.

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