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mercoledì 3 febbraio 2016

Pensioni, la fregatura nascosta della flessibilità


Il 2016 sarà, forse, l’anno della controriforma Fornero, della flessibilità in uscita, degli scivoli per gli over 55 che hanno perso il lavoro, sono troppo vecchi per trovarne un altro e troppo giovani per andare in pensione. Ma chi si aspetta “bazze”, come dicono a Bologna, resterà deluso. Se la flessibilità arriverà, se la dovranno pagare a caro prezzo i lavoratori. Mentre chi la flessibilità già ce l’aveva e contava di andare in pensione un po’ prima, come noi giornalisti, dovrà rassegnarsi a restare al lavoro, se ce l’ha, ancora a lungo. Perché mentre l’Inps e la politica ragionano su come ridurre lo scalino della Fornero (ma a costo zero o quasi per lo Stato), l’Inpgi, che è l’istituto di previdenza autonomo dei giornalisti, va in direzione contraria e allontana le possibilità di uscita per adeguarsi alla Fornero.

Le proposte di Cesare DamianoMa andiamo con ordine in questo gioco dei paradossi. Il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, ricordando le promesse fatte dal premier Renzi, dice: “Il 2016 deve essere l’anno della flessibilità sulle pensioni. Bisogna sostenere il disegno di legge 857 (di Damiano e altri, ndr) che prevede la pensione anticipata a 62 anni per tutti con 35 anni di contributi e il 2% di penalità per ogni anno di anticipo sull’assegno previdenziale”. E per i lavoratori precoci, che hanno cominciato a lavorare giovanissimi e per raggiungere l’età pensionabile dovrebbero accatastare fino a 45-46 anni di contributi, Damiano aggiunge che bisogna prevedere “la soluzione Quota 41”, cioè la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età.

E quella del presidente Inps, Boeri
Una proposta migliorativa rispetto a quella presentata dal presidente dell’Inps, Boeri, che prevede la possibilità del pensionamento anticipato per tutti a 63 anni e 7 mesi di età, con minimo 20 anni di contributi da lavoro, e una penalizzazione annua del 3%. La proposta Boeri - che contempla anche il taglio dei vitalizi e delle pensioni d’oro, oltre all’introduzione di un reddito minino per gli over 55 rimasti senza lavoro - doveva diventare la proposta del Governo. Ma Renzi l’ha accantonata preferendo dirottare le risorse disponibili della Legge di Stabilità 2016 su nuovi “bonus” (18enni, cultura, casa), considerati più redditizi di consenso in vista delle prossime, imminenti scadenze elettorali.

La fregatura che la flessibilità nasconde
Vedremo se e come nei prossimi mesi queste proposte diventeranno provvedimenti di legge. Il ministro Poletti ha confermano l’impegno a varare entro l’anno il decreto sulla flessibilità in uscita. Ma non c’è da farsi illusioni. Ammesso e non concesso che il governo riesca a trovare la quadra, nella migliore delle ipotesi c’è da aspettarsi un’altra fregatura per i lavoratori. Perché la flessibilità in uscita a costo zero non esiste e con l’aria che tira tra Juncker e la Merkel da un lato e Renzi dall’altro, è molto difficile immaginare che Bruxelles possa permettere all’Italia una controriforma delle pensioni che peggiori il già precarissimo equilibrio dei conti pubblici e dello stesso Inps. E se il prevedibile aggravio di costi non potrà ricadere sui conti pubblici, è facile prevedere che la flessibilità se la dovranno pagare i lavoratori. Il governo sarebbe intenzionato a presentare una riforma che non pesi sui conti dell’Inps e non tocchi i diritti acquisiti, ma aumenti le penalizzazioni (si dice fino al 5-6% l’anno) per chi andrà in pensione prima dei 66 anni e 7 mesi, che è l’attuale età pensionabile (ma che aumenterà ancora, progressivamente, con l’infermale meccanismo delle aspettativa di vita che in Italia aumentano per legge ogni x anni), rendendo così la flessibilità ancora più sconveniente.

E l’Inpgi allontana il pensionamento per i giornalisti
Intanto chi la possibilità di andare in pensione prima già ce l’aveva, come noi giornalisti (con 35 anni di contributi e 57 anni di età si può ancora andare in pensione anticipata, con una decurtazione dell’assegno di circa il 4% annuo), ora non ce l’avrà più. L’Inpgi va nella direzione opposta, verso la Fornero. A luglio l’Istituto di previdenza dei giornalisti ha approvato una proposta di riforma che prevede l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile fino a 66 anni (entro il 2022) e un minimo di 40 anni di contributi (sempre nel 2022) per poter chiedere il pensionamento anticipato, con penalizzazioni. Una riforma “lacrime e sangue” per i giornalisti, ma che il Governo valuta ancora inadeguata, invitando l’Inpgi a modificare alcuni aspetti della riforma in senso restrittivo, soprattutto sull’età pensionabile. Alla faccia della flessibilità.

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