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lunedì 6 ottobre 2014

Le Case del popolo, una mostra e un tuffo nel mio passato politico a Brisighella

Un mio amico e compagno brisighellese (si può ancora dire compagno nell'era renzica?), Viscardo Baldi, nei giorni scorsi mi aveva invitato a partecipare a una delle iniziative della "notte rossa", organizzate dal Pd. Il programma prevedeva: la presentazione di un libro sulle case del popolo in provincia di Ravenna, l'inaugurazione di una mostra su quella di Brisighella e un pranzo a base di pesce (mitico il fritto misto cucinato dai cuochi della festa de l'Unità: donne e uomini, anziani ma anche giovani, tra cui il sindaco, Davide Missiroli).  


E' stata l'occasione per tornare nella città dei Tre Colli e dei sette cardinali, dove ho le mie radici e dove sono cresciuto a pane e politica, fin verso i 25 anni. Soprattutto, è stato un tuffo nel passato. La Casa del Popolo di Brisighella è un luogo che ho frequentato molto in gioventù. Prima facendo il cameriere nelle sere del ballo (rigorosamente liscio) per pagarmi gli studi e le prime uscite con gli amici, poi bazzicando nella Fgci (la Federazione giovanile comunista) e cominciando a scrivere i miei primi articoli sulla "Voce dei Tre Colli" (il giornaletto del Partito comunista brisighellese), infine come giovane e breve segretario comunale del Pci. 

Erano gli ultimi anni Settanta e il Pci allora, nella "bianca" Brisighella, aveva qualcosa come 700 iscritti su 8.000 abitanti. Poi, col Pd, è andata come sta andando in Emilia-Romagna e in Italia: gli iscritti oggi a Brisighella sono meno di 100, sono cinquantamila in quella che era l'Emilia Rossa (ai tempi del Pci erano quasi mezzo milione) e centomila in tutto il Paese. Un partito radicato, quindi, lì come in tutta la Romagna, dove c'era (e in parte c'è ancora) la più alta concentrazione di Case del Popolo d'Italia. L'esatto opposto del "partito leggero" evocato prima da Walter Veltroni e poi realizzato da Matteo Renzi: così leggero che non si vede quasi più. 

Nella Casa del Popolo di Brisighella, costruita negli anni Cinquanta col lavoro volontario dei compagni, c'era anche la sede del Partito, con un'ampia sala per le riunioni, alcuni uffici con una vecchia macchina da scrivere Olivetti, l'immancabile ciclostile per stampare i volantini e perfino un'auto in dotazione. No, non un'auto blu: era una vecchia "Primula" grigio scuro che pesava come un carro armato con cui si andava a fare le tessere e le riunioni di caseggiato (di sera, con poche persone, attorno al camino e con la bottiglia di vino sulla tavola) nei posti più sperduti del territorio, da Monte Mauro alla Samoggia. La rottamai io, da segretario e tra i mugugni dei compagni, la "Primula", dopo essere rimasto a piedi un paio di volte e aver dovuto chiamare un trattore per spostarla, e la sostituii con una Cinquecento bianca usata. 

Nella mostra Viscardo Baldi - che è stato a lungo segretario del Pci e amministratore pubblico, che ancora oggi è l'anima e la memoria storica del Pd a Brisighella e ha il grande merito di avere salvato gran parte dell'archivio del partito di allora - ha inserito anche alcune foto di quegli anni. In due ci sono anch'io. Una è del congresso comunale del Pci (anno 1979, direi). Io sono seduto vicino all'oratore, che era lo scomparso onorevole Gianni Giadresco, e a fianco di uno dei "grandi vecchi" della politica brisighellese: Amos Piancastelli, uno che aveva fatto la Resistenza, aveva la terza elementare ma dei problemi della gente e del territorio ne sapeva più di tutti noi studentelli, e che sarebbe diventato da lì a poco il primo apprezzatissimo sindaco comunista del dopoguerra della città. 

Fu Amos a convincermi a impegnarmi in politica e a propormi come segretario. E fu sempre lui a tenermi a battesimo per il primo comizio. C'erano le elezioni provinciali e io ero il giovane candidato nel collegio di Brisighella. Partimmo con la Cinquecento e andammo a San Martino, dove la Dc aveva il 70% e il Pci meno del 20%.  Amos piazzò l'auto sotto il ponte della ferrovia e davanti al bar "Giacomela". Sul tettuccio aveva montato l'altoparlante. Fuori dal bar, nel giardino all'aperto, erano sedute una ventina di persone. 

Io non avevo mai parlato in pubblico e sudavo freddo. Piancastelli mi presentò e mi passò il microfono. Come cominciai a parlare, uno a uno gli avventori del bar cominciarono ad alzarsi e a rientrare. Dopo poco rimase solo un vecchietto che, seduto e appoggiato in avanti al suo bastone, scuoteva continuamente il capo. Io mi sarei seppellito, ma Amos mi incoraggiò: "parla, parla che ti ascoltano da dentro il bar". Alle elezioni il Pci prese la percentuale più alta di sempre, quasi il 30%. Non certo per merito del mio comizio ma, probabilmente, perchè in quel periodo io giocavo da portiere nel San Martino footbal club e filavo una ragazza del posto, per cui parecchi ragazzotti finirono per votare per me.

Nell'altra foto, sono seduto alla scrivania nell'ufficio che era del segretario del Pci, con Amos (in piedi) e i compagni che organizzavano le serate da ballo nella sala Ambra della casa del popolo (seduti). Un'esperienza breve ma intensa. Una scuola di vita. Gran bei ricordi.


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