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mercoledì 29 maggio 2013

Amministrative, referendum scuola, elezioni Ordine: i voti della discordia

Massì, questa volta faccio il tre per uno come alla Coop, commento in un unico post tre diversissime elezioni: quelle amministrative, il referendum sul finanziamento alle scuole private e il voto per l'Ordine dei giornalisti.

ELEZIONI AMMINISTRATIVE.
Dalle stelle alle stalle e ritorno. Grillo, Casaleggio e il Movimento 5 stelle scoprono l'amaro della sconfitta. E dimostrano pure di avere la coda di paglia e di non saper perdere dando la colpa agli elettori. Viceversa, il Pd che sembrava morto dopo i disastri che hanno portato ad abbattere Prodi, rieleggere Napolitano e fare il governo delle larghe intese, è stato sorprendentemente resuscitato, anche se in gran parte per merito dell'astensionismo che ha punito più i grillini e il Pdl dei democratici.

I 5 stelle prima hanno dato la colpa del crollo elettorale ai media e agli "errori di comunicazione": un doppio classico dei vecchi partiti e di tutti gli sconfitti che non sanno guardare oltre il proprio ombelico. Poi il capo comico sempre incazzato di Genova se l'è presa con gli elettori che sono andati a votare. I quali sarebbero - udite udite - l'espressione "dell'Italia peggiore": quella composta da politici, dipendenti pubblici e da "19 milioni di pensionati". Tutta gente che "tiene famiglia" e che per questo avrebbe votato "i vecchi partiti".

Mica gli viene in mente che gli elettori potrebbero non aver rivotato i 5 stelle come alle politiche perché lui e Casaleggio hanno deluso la loro speranza di cambiamento di questo Paese e gettato al vento la grande occasione che il risultato elettorale gli aveva dato. E nemmeno lo sfiora il pensiero che i suoi (ex) elettori potrebbero aver scelto candidati sindaco più credibili dei tanti dilettanti allo sbaraglio proposti dal suo movimento, spesso scelti tra i trombati delle precedenti elezioni o da votazioni poco più che di condominio, anche se on line.

Al Pd, invece, il primo turno delle amministrative manda un messaggio chiarissimo. Dice che gli elettori, pur se sfiduciati e incazzati, sono preoccupati per le sorti di questo Paese, non hanno perso la speranza nel  buongoverno della sinistra e nemmeno la loro tradizionale generosità verso "il partito" di riferimento. Perciò hanno voluto dare un'altra opportunità ai democratici. Si spera che Epifani, Letta & Co. non sprechino anche questa sostenendo che il risultato "è merito delle larghe intese". E che i dirigenti e la gente perbene che c'è nel  Pd si mettano subito all'opera per ricostruire un partito e politiche degne di questi elettori.

In ogni caso il risultato più eclatante di queste elezioni rimane l'astensione. Nella nostra Emilia-Romagna ha votato quasi il 20% in meno di 5 anni fa: un'enormità. A Imola addirittura il 25% in meno, con appena il 59% di votanti. In Italia la sfiducia degli elettori nel nostro sistema politico è ormai arrivata al 50%. Tanto che , con una battuta, si potrebbe dire che ha prevalso il voto disgiunto: gli elettori si sono separati da partiti e movimenti. Il tempo è scaduto. Se i partiti e la politica non si rigenerano in fretta riprendendo ruolo, dignità, onestà e spirito pubblico, per questa nostra Italia la campana suonerà a morto.

REFERENDUM SCUOLA.
Com'è noto ha votato il 28% dei bolognesi (86mila) e ha vinto (col 59%) chi - seguendo alla lettera il dettato costituzionale - vuole la scuola pubblica e non vuole che Stato, Regione ed enti locali finanzino le scuole private.

Io non mi sono appassionato a questo referendum, peraltro solo consultivo, perché credo che la sostanza stia altrove. E cioè in un nuovo sistema educativo pubblico che presuppone anche un aggiornamento della Costituzione sulla natura e il funzionamento dei servizi pubblici, unitamente a un forte rilancio della formazione scolastica, universitaria e professionale.

In questo contesto io penso che i gestori o co-gestori delle scuole possono essere anche privati, ma all'interno di un meccanismo di accreditamento delle scuole che assicuri libero accesso, tariffe uniformate, standard di qualità, pluralismo e laicità dell'educazione. Una cosa simile a quella vigente in sanità, per capirci, dove le case di cura private per entrare nel servizio sanitario pubblico devono dimostrare di avere precisi requisiti e rispettare precise regole.

Si potrà osservare che anche in sanità non è che l'apporto del privato sia tutto rose e fiori. Ma almeno lì le regole si è provato a farle. Invece nella scuola no, non c'è un sistema di accreditamento delle strutture. Si parla di scuole paritarie, ma se si va a vedere le scuole che ricevono i contributi sono praticamente tutte cattoliche. E sono tutt'altro che paritarie. Ci saranno anche scuole di qualità, ma spesso i finanziamenti sono dati a pioggia, anche alle scuole di scarsa qualità e a quelle che discriminano sull'utenza e con le tariffe; senza alcun controllo e senza che debbano rispondere a precisi standard.

Dopo di che, sostenere che il referendum di Bologna "è un test poco significativo" perchè ha votato "solo" un terzo scarso dell'elettorato, o addirittura parlare di "fallimento" dell'iniziativa come hanno fatto certi esponenti del Pd, vuol dire non avere ancora capito nulla della crisi della politica e nemmeno degli umori del proprio elettorato. Il 28% e 86mila votanti sono dati di tutto rispetto, soprattutto se si considera che il referendum era solo consultivo, che si votava in una sola giornata e in pochi seggi, e che alle amministrative, nella rossa  e vicina Imola, si è recato alle urne una percentuale di elettori appena doppia di quella del referendum, mentre il sindaco di Bologna, Merola, a suo tempo fu eletto con circa 100mila voti, appena il doppio di quelli presi dai contrari al finanziamento pubblico.  


ORDINE GIORNALISTI.
Delle elezioni per l'Ordine ho già scritto molto, anche troppo. Per una valutazione conclusiva bisognerà aspettare l'elezione dei nuovi presidenti regionali e, soprattutto, del presidente nazionale. Prima del voto era stato scritto da più parti, e in particolare da quella parte che gravita nel centrosinistra, che questo era l'ultimo appello: "l'Ordine o cambia o muore". Sbaglierò, ma a vedere i risultati in giro per l'Italia non mi è parso di vedere tutta questa voglia di cambiamento.

Mi pare che le lobbies dei pubblicisti e dei professionisti inciucisti che hanno fin qui governato il nostro Ordine professionale si siano ulteriormente rafforzate. E che, dai primi risultati che ho potuto vedere, sia difficile immaginare che ci siano le condizioni per una riforma radicale.

In ogni caso una cosa si può dire: in Emilia-Romagna le elezioni per chi si prefiggeva di cambiare le cose e per i Free-Ccp, che tre anni fa furono la novità positiva, sono andate peggio che altrove. La partecipazione è rimasta sotto il 20% tra i professionisti e non ha superato il 6-7% per i pubblicisti. La lista Errani-precari - quella del "o si cambia o si muore" - ha eletto un solo consigliere nazionale (nel 2010 la lista dei precari appoggiata dal sindacato ne elesse due), nessun pubblicista (uno tre anni fa) e tre consiglieri su sei al consiglio regionale: i meno votati però. 

Così, probabilmente, il consiglio regionale dell'Ordine sarà ancora presieduto dal redivivo Gerardo Bombonato, al suo quarto mandato, che, per l'occasione, ha ottenuto l'endorsement "pesante" del presidente nazionale uscente, Enzo Iacopino. L'esponente della sinistra radicale che si allea con il referente degli ex An e di Gasparri. Il presidente regionale che a parole vuole la riforma radicale, l'albo unico, il taglio drastico dei consiglieri nazionali, che va a braccetto col presidente nazionale accusato di non aver voluto quella riforma. Mah! Forse bisogna vedere alla voce formazione prossima ventura per cercare di capire qualcosa di più. 

Per il consiglio nazionale, infine, fa un po' specie vedere che in Emilia-Romagna la sola persona che grida "al grande successo" delle elezioni sia anche l'unica consigliera professionista eletta della lista del cambiamento Errani-precari: Antonella Cardone, che si autocandida addirittura alla presidenza nazionale. Mentre consola il fatto che nel nuovo consiglio regionale dell'Ordine siano entrati alcuni colleghi professionisti bravi, seri e stimati. Non è poco di questi tempi. Auguri di buon lavoro a tutti.   




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