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lunedì 12 novembre 2012

San Marino, vince il centrosinistra e la voglia di voltare pagina, ma anche sul Titano soffia forte il vento dell'antipolitica

Vince il centrosinistra e in particolare l’alleanza dei socialisti e democratici con la Dc che ha rottamato Gabriele Gatti, l’«Andreotti di San Marino» simbolo del potere più chiacchierato, per 25 anni il vero «dominus» politico del Titano. Avanzano, complessivamente, le forze più di sinistra dello schieramento politico. Vince, soprattutto, la voglia di scrollarsi di dosso l’etichetta di «paradiso fiscale» e l’infamia del malaffare per provare a diventare un «paese normale», che vive di economia reale e non di oscura finanza, degno della propria storia nobile e millenaria. «Ora vogliamo uno Stato che prenda in mano le redini del cambiamento e della trasparenza», dice Giuseppe Maria Morganti del Partito dei socialisti e democratici, editore e probabile futuro “ministro”.

Ma è una vittoria tra luci e ombre, contrastata dal vento forte dell’antipolitica, con l’astensionismo in aumento, centinaia di schede annullate, il boom delle liste civiche e una «fiducia molto condizionata» accordata ai tre partiti dell’alleanza del futuro governo, che prende sì la maggioranza assoluta già al primo turno (per appena 138 voti, scongiurando così lo spauracchio del ballottaggio), ma con quasi il 10% di voti in meno rispetto al proprio potenziale elettorale. E con l’uomo considerato più vicino a Gatti, quindi al vecchio potere Dc, nonchè amico del faccendiere Valter Lavitola, Francesco Mussoni, che arriva primo e con oltre diecimila voti diventa il nuovo «mister preferenze» della Repubblica, mentre il segretario «rinnovatore» del partito, Marco Gatti, si piazza solo all’11° posto.

La coalizione di centrosinistra «San Marino Bene Comune» ha vinto le elezioni con il 50,71% dei voti. Al governo va dunque l’alleanza tra Partito dei socialisti e dei democratici (prima all’opposizione), Democrazia cristiana e Alleanza popolare (entrambi partiti del governo uscente). Sul piano dei numeri, la coalizione conquista 35 seggi su 60 nel nuovo Consiglio grande e generale (il parlamento sammarinese), con socialisti, democratici e democristiani “di sinistra” che da soli ne prendono 31 (10 il Psd e 21 la Dc) mentre i “moderati” di Ap scendono da 7 a 4 e non sono più determinanti.

La coalizione più centrista, «Intesa per il Paese», composta da Unione per la Repubblica (5 seggi), Partito socialista (7 seggi) e Moderati (nessun seggio) si attesta al 22,28% dei voti. Quella più di sinistra, «Cittadinanza attiva», prende il 16,08% dei voti, con Sinistra unita ferma a 5 seggi mentre «Civico 10» fa boom e ne conquista 4. L’altra novità di queste elezioni è il movimento «Rete», lista “similgrillina” ma a sinistra, nata sul web poco tempo prima delle elezioni, composta soprattutto da giovanissimi, che con una campagna elettorale da mille euro ha conquistato il 6,28% dei consensi e 4 seggi. Restano invece fuori dal parlamento le altre due liste civiche, «Per San Marino» e «San Marino 3,0».

Entro un mese il nuovo governo, con 5 o forse 6 «ministri» Dc (e la carica più prestigiosa di Segretario agli esteri), 3 Psd (e il Segretario alle finanze) e 1 o 2 Ap (probabilmente col segretario agli Interni).

L'ARTICOLO PUBBLICATO DOMENICA 11 SU L'UNITA'

Oggi San Marino va al voto per scrollarsi di dosso l’etichetta di «paradiso fiscale», l’infamia del malaffare e tornare a essere un paese all’altezza della sua storia nobile e millenaria. Si tratta di elezioni anticipate, determinate dal clamoroso rapporto della locale commissione antimafia che, all’unanimità, ha chiamato in causa i due leader storici della Repubblica quali responsabili politici del sistema di corruzione svelato da diverse inchieste sulla penetrazione della criminalità organizzata sul Titano: Fiorenzo Stolfi, da 35 leader dei socialisti, e Gabriele Gatti, l’«Andreotti di San Marino», da 30 anni leader della Dc e da 25 al potere, considerato il «dominus» della politica sammarinese.

La loro esclusione è la novità vera di queste elezioni. Sia Stolfi sia Gatti non sono candidati, anche se dietro le quinte si sa che Gatti ha lavorato per sostenere la lista «Intesa per il Paese», formata da socialisti e democristiani che si sono staccati dai rispettivi partiti. La lista super favorita è però «San Marino Bene Comune», coalizione tra democristiani di sinistra (Dc), democristiani moderati (Alleanza popolare) - che erano entrambi al governo - e il Partito dei socialisti e dei democratici (Psd), che invece era all'opposizione.

Una coalizione larga, che ha come obiettivo principale quello di fare della Repubblica più antica del mondo un «paese normale», basato sull’economia reale e la legalità, che sceglie la trasparenza per uscire dalle «black list» della finanza internazionale e vuole entrare in Europa. Tanto che il Psd ha promosso un referendum, che si terrà in aprile, per chiedere l’adesione all’Unione europea.

C’è poi una terza aggregazione, denominata «Cittadinanza attiva», che raggruppa la Sinistra Unita e il neonato movimento «Civico 10» nato da alcune defezioni in Alleanza popolare. I grillini non sono riusciti a presentarsi, ma ci sono tre liste civiche che vanno da sole. Due sono promosse soprattutto da giovani: «Rete» e «San Marino 3.0» che nel suo programma ha la riapertura della case chiuse. La terza, «Per San Marino», propone anch’essa un programma di cambiamento nella trasparenza e nella legalità pur essendo composta da alcune «vecchie volpi» dell’area democristiana.

Ma il partito più pericolo è quello dell’astensione, che dopo gli scandali degli ultimi anni che hanno coinvolto diversi big della politica locale è dato in vorticosa crescita. Si vota nella sola giornata di oggi e se nessuna delle liste raggiungerà il 51% dei voti si andrà al ballottaggio tra le prime due, tra 15 giorni. Alle urne sono chiamati 33.000 cittadini per eleggere il nuovo Consiglio grande e generale: il parlamento.

Pillole di storia. San Marino tra il 1945 e il 1957 fu, addirittura, l’avamposto del comunismo in Occidente e uno dei simboli della guerra fredda. Per difendere il governo dei “rossi” scesero in campo i principali leader dell’Internazionale socialista. Per abbatterlo si mobilitarono la Dc di Fanfani, il governo di Adone Zoli e perfino gli Stati Uniti d’America, che nell’autunno del ‘57 insediarono a Rovereta, con la corruzione e un «colpo di Stato», e con i blindati inviati da Scelba, un governo provvisorio che Sergio Zavoli ha definito «il più fantasma dei governi fantoccio». Seguì, come in Italia, un ventennio di «normalizzazione Dc». Poi nel 1978 tornarono al governo le sinistre. Nel 1986 Gatti fece il compromesso storico e da allora ha sempre governato, alleandosi di volta in volta con gli ex comunisti e con i socialisti. Fino allo scandalo finale.

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