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domenica 16 settembre 2012

Roberto Roversi e Bologna, un amore tormentato lungo una vita

Dodici anni fa, nel 2000, Roberto Roversi mi fece un grande regalo: scrisse la prefazione al mio primo libro, "Arriverà quel giorno - Lettere dal fronte e dai campi di prigionia 1943-1945" pubblicato da Pendragon, la casa editrice del nipote del poeta, Antonio Bagnoli.

Roberto Roversi se n'è andato, Bologna ha perso il suo poeta. Il rapporto con la città raccontato dall'amico e poeta Salvatore Jemmo, nell'articolo pubblicato domenica 16 settembre, su l'Unità.

Roberto Roversi se n’è andato. Bologna perde il suo poeta e intellettuale più amato, in quest’anno maledetto che si è già portato via Lucio Dalla e Maurizio Cevenini, il cantautore e il politico più amati della città. Se n’è andato in silenzio ma il grido di dolore della città è forte. Il poeta era innamorato di Bologna, la viveva con grande passione civile, ne era osservatore critico e spesso poco accomodante. E la città, per cui è stato esempio morale e punto di riferimento culturale, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta, lo ricambiava con affetto.

Roversi era un gigante della cultura italiana. Poeta e scrittore di altissimo livello, ma al tempo stesso artigiano della parola e del pensiero, che negli ultimi trent’anni pubblicava su fogli A4 ripiegati, fotocopiati e distribuiti in poche copie a chi ne faceva richiesta. Ed è proprio con l’amico e collaboratore dell’avventura dei “fogli” (Gioco d’azzardo, Fischia il vento e per ultimo il Foglio degli eremiti), il poeta Salvatore Jemma, che cerchiamo di ricostruire il rapporto stretto tra Roversi e Bologna. Un rapporto che nasce con la Resistenza, si sviluppa con la libreria antiquaria Palmaverde aperta nel 1948, gestita sempre assieme alla moglie Elena e donata nel 2007 a Coop Adriatica (con un’asta di libri il cui ricavato fu donato ai senzatetto), passa attraverso l’amicizia con Pier Paolo Pasolini, incide sull’anima della città turbata dal Settantasette e sconvolta dalle Stragi, sfocia nella collaborazione “musicale” con Lucio Dalla e Gli Stadio.

Roversi Resistente.

«Aveva fatto la Resistenza in Piemonte con Giustizia e Libertà - racconta Jemma - dopo la Liberazione un giovane partigiano gli disse: “Le cose non possono finire qui”. La sua idea, il suo impegno civile e intellettuale è nato da lì».

La libreria Palmaverde.

Dopo la guerra Roversi deve decidere «cosa farà da grande». Con l’occasione di un fondo librario, apre una libreria antiquaria, prima in via Castiglione poi in via dei Poeti. «Il nome Palmaverde lo scelse a caso: pescando con la mano in un sacco di riviste ne venne fuori una che si chiamava così». Roversi comincia la sua attività di libraio, ma separarsi dai libri «è doloroso». Così per uno venduto uno subito acquistato, a riempire il buco negli scaffali. Roversi confeziona di persona i pacchi, e in quelli che spedisce più lontano, oltreoceano, infila una piccola poesia. Chissà quanti suoi inediti ci sono in giro per il mondo?

L’amicizia con Pier Pasolini.

Con Pasolini la conoscenza risaliva ai tempi del liceo “Galvani”. «Andavo spesso a casa sua, in via Nosadella - raccontò il poeta in un colloquio con Otello Ciavatti, pubblicato nel 2010 su l’Unità - l’1 settembre 1939 eravamo ai Giardini Margherita, parlavamo di una rivista da fare insieme, la volevamo chiamare Eredi. Un uomo ci avvisò che era stata invasa la Polonia». Dopo la guerra, nel 1955, Roversi, Pasolini e Francesco Leonetti fondarono la rivista Officina.

La stagione dei fogli.

A metà degli anni Sessanta, Roversi decide di non pubblicare più con i grandi editori e inaugura la stagione dei “fogli”, che sfocerà anche nella costituzione della Cooperativa Dispacci. «Un approccio e un linguaggio nuovi - ricorda Jemma - si usava la poesia per parlare dei problemi sociali. La pubblicazione era autogestita e autocontrollata. Poi l’Espresso se ne accorse, fece un servizio, la voce si sparse, cominciarono ad arrivare le richieste dei “fogli”».

Lo scontro con Zangheri.

Nel 1977 Roversi e Renato Zangheri si dividono sul Movimento. «Il sindaco propendeva per il “complotto”, il poeta e il gruppo di intellettuali che si era costituito attorno alla alla rivista Il cerchio di gesso  cercavano di capire le ragioni della protesta». Ma sono uniti contro la violenza che Roversi «vedeva come una qualcosa di perdente in partenza». Con le istituzioni il poeta collaborò sempre, e scrisse anche un’opera, Enzo Re: «Doveva essere rappresentata in Piazza Maggiore ma poi saltò. Lui si inalberò».

La collaborazione con Dalla.

Roversi è attirato dal linguaggio delle canzoni, ha in mente testi «impegnati». Dalla l’impara, lo va a cercare, comincia la collaborazione che li porterà a produrre tre album: Il giorno aveva cinque teste, Anidride solforosa e Automobili con Nuvolari, uno dei brani di maggior successo. Il cantautore fa ascoltare al poeta i testi musicati in autoradio, portandolo in giro sui colli. «Per Dalla il poeta aveva rispetto e molto affetto, ma facevano anche litigate furibonde. La più celebre avvenne alla libreria Feltrinelli». Per gli Stadio scrisse poi Chiedi chi erano i Beatles.

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