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giovedì 10 maggio 2018

Verso il governo Di Maio-Salvini, il più di destra che c'è, con le "Ola!" del Pd di Renzi e la sinistra che non c'è

Dunque avremo una maggioranza e un governo Cinquestelle-Lega. Berlusconi, si dice, ha fatto il passo di lato. Più verosimilmente ha scelto il male minore per Forza Italia, che rischiava di scomparire in caso di elezioni ravvicinate, e ottenuto garanzie per lui, la sua famiglia, i suoi enormi interessi economici. Non s'è scansato - quando mai? -, ha trattato e probabilmente sta ancora trattando, come ha sempre fatto da Craxi in poi. Col via libera all'accordo Salvini-Di Maio il suo potere di condizionamento aumenta, l'alleato leghista gli è debitore e dovrà ricambiare, e i nemici grillini che in Mediaset "pulirebbero i cessi" dovranno abbassare la cresta. C'è da scommettere che arriverà un premier non ostile all'ex Cavaliere, che ci sarà qualche ministro o sottosegretario a tutela delle sue aziende, che nel programma di governo conflitto di interessi, corruzione e mafia saranno in secondo piano.

Ma il "fattore B." è niente rispetto a quello che ci aspetta nei prossimi mesi con Di Maio e Salvini alla guida di questo nostro meraviglioso e disgraziato Paese. Sarà curioso vedere come Cinquestelle e Lega riusciranno a coniugare reddito di cittadinanza e flat-tax, l'abolizione della Fornero e i conti pubblici, l'assistenzialismo atteso dal Sud e i "dané" tanto cari al Nord. Ma è probabile che nel "contratto di governo" tanto caro ai Cinquestelle, quello "double face" che doveva andare bene rivolto a destra come a sinistra, resteranno solo i pilastri più di destra: la lotta all'immigrazione, l'approccio anti-europeo, i tagli ai costi della politica, la frenata sui diritti civili. Del resto questo sono i due ragazzotti con l'arroganza e l'ambizione di diventare leader. Questo hanno in comune il "Dima-Ios" eterodiretto e replicante così ben raffigurato da Crozza e il leghista "rosario, vangelo e manganello".

Il governo fortemente voluto dal capo politico del M5S, che rappresenta l'anima di destra del Movimento, e dal leader che ha reciso le radici popolari della Lega al Nord per sfondare sul piano nazionale con una politica reazionaria e xenofoba alla Le Pen, rischia così di configurarsi come il governo più populista e di destra dell'Europa Occidentale. Con buona pace di quei tanti elettori di sinistra che hanno creduto al "governo del cambiamento" e votato Cinquestelle pensando che fossero loro la nuova sinistra. E con la "Ola!" del Pd che dopo la sberla elettorale del 4 marzo non ha saputo fare altro che il tifo per i vincitori, quindi per il tanto peggio tanto meglio, sperando di poter rinvigorire dall'opposizione il partito in agonia. Sono convinto che si fosse andati a votare in estate o autunno, Renzi avrebbe tentato l'operazione Macron, anche a costo di cambiare nome al partito. Così, invece, con un governo populista e di destra che in Italia farà molta fatica a realizzare ciò che ha promesso e in Europa avrà grandi difficoltà a farsi accettare, Renzi avrà la strada spianata per mantenere il controllo assoluto del Pd e, probabilmente, per riprenderne la guida da segretario.

Per fare cosa non è chiaro. C'è una sinistra da ricostruire, ma non mi pare proprio questa l'idea del "Bomba". Bisognerebbe prima di tutto essere di sinistra per provarci. Servirebbe il coraggio dell'autocritica, l'umiltà di rimettersi in gioco, la capacità di rappresentare e dare voci a tutte le anime del proprio campo. Bisognerebbe saper tornare in mezzo alla gente, mettersi dalla parte di chi ha meno, dei nostri giovani, saper dare una prospettiva a chi subisce le conseguenze nefaste della globalizzazione. Servirebbero, soprattutto, idee nuove, di una sinistra moderna che sappia immaginare un mondo diverso e proporre un’alternativa credibile all’attuale andazzo. Tutta roba che non è nelle corde di Renzi, che da premier di centrosinistra ha fatto le riforme liberiste che la destra non era riuscita a fare e da segretario ha fatto di tutto per liberarsi di quel poco di sinistra che c’era ancora dentro al Pd. Ergo, è più probabile che l'uomo di Rignano cerchi di intercettare i malumori dell'uomo di Arcore, l'elettorato e il ceto politico di Forza Italia e dei centristi che resteranno senza poltrone, semmai con l'idea di creare con tutti loro l'"En Marche" italiano, piuttosto che tentare di recuperare a sinistra. Una sinistra dove, del resto, tutto tace: quella storica di comunisti e socialisti non c'è più, Leu dopo il flop è scomparsa, chi ha creduto nell’Ulivo pure. Ma un pensiero di sinistra, di una sinistra moderna e non nostalgica, andrà comunque ricostruito, prima o poi.

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