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lunedì 28 maggio 2018

Io sto con Mattarella. Ma quanti rischi per il Paese e la nostra democrazia...

Siamo precipitati in una crisi politica e istituzionale drammatica. Torneremo presto a votare con la stessa legge truffa che ci ha portato a questa situazione. Con i "non vincitori" populisti e anti-euro contro il Capo dello Stato, l'Europa tiranna, l'élite dei "poteri forti" che impediscono loro di governare, l'"invasione" degli immigrati. Con la "vecchia" politica screditata, il Pd e Forza Italia fuori gioco, la sinistra dispersa. E con una situazione economica e finanziaria che ci fa camminare pericolosamente sull'orlo del baratro. I rischi per il Paese sono enormi. E anche per la democrazia. La storia non si ripete mai uguale, ma fanno impressione le analogie con i mesi che all'inizio degli anni Venti del secolo scorso precedettero l'avvento al potere del fascismo: il forte sentimento anti-partiti e anti-casta dei nuovi movimenti, le divisioni interne alla sinistra e l'inettitudine delle classi dirigenti liberali e cattoliche, la pretesa dei vincitori di rappresentare la volontà del popolo, di tutto il popolo.

Il presidente Mattarella, respingendo l'imposizione di Savona a ministro dell'economia, ha pronunciato parole chiarissime e coraggiose: garante della Costituzione e dell'interesse nazionale contro gli avventurieri. Contro il fascioleghista Salvini, vero "dominus" di questa fase politica, che vorrebbe portarci fuori dall'Euro. Contro Di Maio, che vorrebbe dalla BCE la cancellazione di 250 miliardi di debito italiano. Contro Salvini e Di Maio insieme, che col loro "contratto di governo" volevano tenere insieme flat-tax, reddito di cittadinanza e cancellazione della legge Fornero. Contro lo stesso economista diventato "simbolo" della Lega, che aveva paragonato la Germania di Merkel e Shauble a quella di Hitler.

A voler vedere il lato positivo della faccenda, bisognerebbe dire solo grazie a Mattarella, che ha tenuto botta, non s'è fatto intimidire dall'arroganza dei vincitori delle elezioni, ha concesso loro tutto quanto era possibile concedere (e anche di più) per tentare di far nascere un governo politico basato su una solida maggioranza, poi ha esercitato il suo ruolo e le prerogative che la Costituzione gli assegna solo sul ministro dell'Economia e non sul "signor nessuno" candidato premier, sulla "ruspa" Salvini agli Interni, sulle nomine eterodirette per gli Esteri e la Difesa, come pure avrebbe potuto.

Il risultato è che per ora non usciremo dall'Euro, non dichiareremo guerra alla Germania, non avremo un signor nessuno presidente del Consiglio che prima di prendere qualsiasi decisione deve fare due telefonate a Salvini e Di Maio, non spareremo sui migranti (Salvini al Viminale) e non dipenderemo dal software della Casaleggio associati (Di Ma-Ios capo politico). Ma non credo proprio che gli italiani la leggeranno così: in positivo, sul pericolo scampato per merito del Capo dello Stato. No, credo che accadrà l'esatto contrario. Complice l'infelice indicazione di Cottarelli come premier del governo di garanzia che nessuno o quasi sosterrà, credo che prevarranno i fautori del "golpe" del Capo dello Stato per impedire la nascita del "governo di cambiamento", dell'etablissement italiano ed europeo contro la volontà del popolo; e che quando torneremo a votare prevarrà la rabbia, il risentimento populista, la voglia degli elettori di buttarsi definitivamente a destra e sulle forze anti-sistema.

All'indomani del 4 marzo avevo previsto che, pur di evitare il ritorno alle urne, Salvini si sarebbe alleato con Di Maio, avrebbe rotto con Berlusconi e sarebbe nato il governo Lega-Cinquestelle. Poi, sono arrivate le regionali, i sondaggi che prevedono l' exploit della Lega e la conferma per i Cinquestelle, Salvini e Di Maio si devono essere montati la testa; il primo più del secondo. Così è ripartita la trattativa tra i due, ma giocata al rialzo, in chiave elettorale e al di fuori della prassi costituzionale. Il "contratto" invece del programma, l'indicazione a premier "esecutore" di uno sconosciuto, la lista dei ministri preconfezionata, il diktat su Savona all'economia, il rifiuto di qualsiasi alternativa, l'irriverenza provocatoria verso il Capo dello Stato e le sue prerogative. Tanto da far sorgere il dubbio che, in realtà, siano stati proprio loro, più Salvini di Di Maio, a non voler fare il governo (che per prima cosa deve trovare i miliardi necessari a bloccare l'aumento del'Iva, altro che flat-tax) e a scommettere tutto sul ritorno al voto.

Come ci torneremo però non si sa. Con un'inedita alleanza elettorale Salvini-Di Maio con Savona candidato premier e il "contratto" come programma comune? Con i Cinquestelle che corrono da soli con Di Battista nuovo capo politico? Con Salvini che ritorna da Berlusconi e Meloni e punta a prendere la maggioranza con il centrodestra? Con il Pd ancora prigioniero di Renzi, il centrosinistra diviso e la sinistra-sinistra per conto suo? Difficile prevederlo ora. Le prossime settimane di diranno quale evoluzione prenderà questa bruttissima e pericolosissima partita dove tutti giocano col fuoco.

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