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lunedì 5 giugno 2017

L'accordo Renzi, Berlusconi, Grillo, Salvini per il ritorno al proporzionale e l'arte tutta italiana della giravolta

Dall'arte del possibile all'arte della giravolta. Così va la politica italiana di questi tempi. L'accordo tra Pd, Forza Italia, Lega e Cinquestelle sul modello tedesco - che poi in Italia sarà un proporzionale puro con sbarramento al 5% e il trionfo dei nominati invece che degli eletti - è la fiera delle giravolte. Quella di Beppe Grillo, che dal suo blog gridava "no al tavolo delle trattative con i bari del Pd". Quella di Silvio Berlusconi, che annunciava "mai più un nuovo Patto del Nazareno". E quella di Renzi, che diceva: "W il maggioritario, tra cinque anni l'Italicum sarà copiato da mezza Europa, finalmente la sera delle elezioni si saprà chi ha vinto, senza inciuci".

Invece? Invece si tratta, si fanno nuovi Patti del Nazareno, si torna con "nonchalance" al proporzionale, alla Prima Repubblica, alla "palude". Si tenta, addirittura, di varare una legge che toglie ancor più le possibilità di scelta dell'elettore: (listini e capilista bloccati, niente preferenze e voto disgiunto). E si va spediti verso elezioni anticipate in autunno. Addio all'Italicum, dunque, e anche al Mattarellum, al Rosatellum, al premio di maggioranza e al doppio turno che ci dovevano assicurare vincitori certi e stabilità politica. E in soffitta pure la "vocazione maggioritaria" del Partito democratico. Non per gli interessi del Paese, come ci vogliono far credere, ma per gli interessi convergenti dei contraenti l'accordo.

Gli interessi di Grillo e Salvini, che mirano a sfruttare l'onda lunga dell'antipolitica e del populismo per raccogliere, col proporzionale, più parlamentari possibile. E che - al di là delle parole - non sembrano per niente interessati ad andare al governo. Il primo perché scottato dall'esperienza traumatica di Virginia Raggi alla guida della Capitale e (forse) consapevole di non avere un gruppo dirigente all'altezza della sfida. Il secondo perché ha tutto da guadagnare a fare il "lepenista" d'Italia.

L'interesse di Berlusconi, che sa che solo con il proporzionale può sperare di tornare al centro della scena politica e confida sulla sua proverbiale capacità di trattativa, in primis a tutela delle sue aziende.

L'interesse di Renzi a regolare definitivamente i conti con gli scissionisti D'Alema e Bersani e con i "partitini" che condizionano negativamente la politica italiana (i grandi, invece?), a togliersi di dosso l'imbarazzante fardello degli Alfano e dei Verdini e a tornare al più presto a Palazzo Chigi con premier, inevitabilmente delle larghe intese. A meno di un collasso elettorale del Pd, che comunque non si può escludere visto il distacco crescente che questo partito sta registrando con la parte più di sinistra del suo elettorato.

La rotta sembra tracciata. Gentiloni può "stare sereno". Il Pd sempre più PdR in attesa di fare il Partito della Nazione. L'ex Cavaliere che trova finalmente il suo successore ideale, quello con il "quid" che gli piace tanto. I grillini che dall'opposizione si fanno le ossa del "populismo di governo". I leghisti che con i Fratelli d'Italia fanno la destra xenofoba e anti-europea. La sinistra-sinistra che si ricostruisce in un'unica forza progressista attorno a Pisapia.



Tutti quanti assieme con "poche idee ma confuse", come direbbe Flaiano. Ma sempre nell'interesse dell'Italia, si intende.

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