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mercoledì 26 aprile 2017

La morte di Giorgio Guazzaloca, il macellaio civico che si prese "Bologna la rossa" e sancì l'inizio della fine dei Ds



E' morto Giorgio Guazzaloca, il primo sindaco non comunista di Bologna del dopoguerra, che ha amministrato la città delle Due Torri tra il 1999 e il 2004. Aveva 73 anni, era malato da tempo e da ultimo era ricoverato al Sant'Orsola. L'ho conosciuto abbastanza. Quando lui diventò sindaco, nel 1999, io ero redattore capo delle cronache emiliano-romagnole de l'Unità ed ebbi modo di seguire da vicino la spaccatura dei Ds (ex Pci-Pds) che portò prima alla non ricandidatura del sindaco uscente Walter Vitali, affossato dai sondaggi (forse) e dalla dirigenza del partito (per certo), poi quella sciagurata campagna elettorale che segnò l'inizio della fine del "Partitone".

Guazzaloca, va detto subito, era una persona perbene. Il "sindaco macellaio", un commerciante con tutti i difetti, la presunzione e anche un po' di arroganza di quella corporazione che da sempre condiziona (in peggio) il governo della città, presidente dell'Associazione dei commercianti (Ascom), prima, e della Camera di commercio, poi. Un personaggio popolare, gran tifoso del Bologna e amico di Giacomo Bulgarelli, una rubrica e molte interviste sul Resto del Carlino. In altre parole, un prototipo della "bolognesità": sostanzialmente conservatore ma pure antifascista convinto, di radici e pensiero repubblicano, con sensibilità sociale, diverse amicizie e frequentazioni di sinistra (spesso si trovava a giocare a "tresette" con l'ex sindaco di San Lazzaro, Bacchiocchi, l'assessore di Bologna alla Mobilità, Sassi, il presidente della Fiera, Stefani: tutti comunisti), anche se legato da amicizia personale a Pierferdinando Casini che è stato il suo principale sponsor in città. Tanto che, all'epoca, una parte dei dirigenti e soprattutto dei militanti Ds lo avrebbe visto bene come candidato sindaco del centrosinistra.

Ma i segretari di allora della Federazione Ds (Alessando Ramazza) e del Comitato regionale (Fabrizio Matteucci) erano di diverso avviso. Non presero nemmeno in considerazione la candidatura di Guazzaloca, poi trovarono il modo di silurare quella di Mauro Zani, comunista tutto d'un pezzo, uno dei padri nobili del Pci, ex segretario provinciale e regionale del partito, al fianco di Occhetto ai tempi della "svolta della Bolognina", coordinatore della segreteria nazionale, più volte parlamentare (per ultimo europarlamentare), pure lui amico e compagno di tresette di Guazzaloca, prima chiamato a "sacrificarsi" rientrando da Roma per salvare la barca traballante del partito emiliano candidandosi a sindaco, poi sottoposto al "ricatto" delle primarie. Perché - questo era allora il pensiero di molti - il sindaco in realtà lo voleva fare il segretario Ramazza, che quando capì che non c'erano le condizioni puntò sulle primarie e sulla semisconosciuta Silvia Bartolini. Il risultato fu che Zani mandò "a spendere" la dirigenza locale dei Ds e rinunciò alla corsa, la Bartolini vinse facile le primarie e mezzo elettorato del Pds-Ds finì poi per votare Guazzaloca, nel frattempo diventato candidato sindaco civico del centrodestra, appoggiato anche da quei fascisti che detestava, che contro ogni ragionevole previsione vinse al ballottaggio.

Come sindaco, va detto, Guazzaloca non è stato gran che: vuoi per la malattia che lo colpì poco dopo la sua elezione, vuoi per la compagine di giunta non certo eccelsa che si ritrovò, più che governare restò fermo per tre anni a vivere di rendita sulla incredibile capitolazione "tafazziana" della sinistra (del resto, bastava e avanzava quello per stare a galla), si limitò a tagliare nastri e spostare qualche statua senza cambiare sostanzialmente niente. Poi, quando decise di fare davvero il sindaco, produsse il disastro del Civis: il tram su gomma a guida ottica automatica che doveva sostituire la metropolitana del sindaco Renzo Imbeni e la metrotramvia del sindaco Vitali (a Bologna sono 40 anni che si discute su quale sistema di trasporto per la città senza concludere nulla, tanto che l'unica modalità è ancora quella dei bus e filobus) che però non è mai partito. Perché quel mezzo si è rivelato una "sola" (fregatura in bolognese) della Fiat, non è mai stato omologato dal Ministero dei Trasporti, mentre la gara è finita sotto inchiesta e i 49 mezzi acquistati a suon di milioni di euro dalla Municipallizata (oggi Tper), da anni fermi ad arrugginire in un deposito all'aperto all'Interporto, sono stati infine sostituiti da normali filobus (i Crealis) che hanno ben poco di innovativo ma almeno marciano e trasportano gente.

Il nome di Giorgio Guazzaloca è rimasto legato indissolubilmente alla caduta della città simbolo della sinistra in Italia e al fenomeno vincente del civismo, che aveva debuttato qualche anno prima a Parma con la vittoria del sindaco Elvio Ubaldi sul candidato del Pds. Nel 2004 Guazzaloca si ricandidò alla carica di primo cittadino ma venne sconfitto al primo turno da Sergio Cofferati, il "papa straniero" che i Ds erano andati a cercare per riparare lo smacco del 1999. Nel gennaio 2005 Guazzaloca fu nominato componente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust). Già ammalato, si ritirò quasi del tutto dalla scena politica e ultimamente le sue uscite pubbliche erano assai rare. Qualunque sia il giudizio politico su di lui, se n'è andata - troppo presto - una persona perbene, popolare e ben voluta da Bologna.

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