Post più popolari

mercoledì 1 marzo 2017

Fatta la legge trovato l'inganno: così il cumulo gratuito dei contributi pensionisti versati resta inapplicato



Esattamente un anno fa io e la collega Daniela Binello rilanciammo assieme ai parlamentari Marialuisa Gnecchi, Sandra Zampa e Giorgio Pagliari, in una conferenza stampa alla Camera, la battaglia per il cumulo gratuito e contro il ricongiungimento oneroso dei contributi previdenziali. Una norma, quest'ultima, introdotta nel 2010 dal ministro del lavoro Sacconi e dal governo Berlusconi, che costringe i lavoratori che hanno carriere spezzettate a pagarsi due volte la previdenza. Nel dicembre scorso - per merito soprattutto dell'iniziativa parlamentare dell'onorevole Gnecchi, della vittoria del no al referendum che ha fatto cadere il governo e approvare la legge di stabilità in fretta e furia al Senato, con la fiducia e senza emendamenti, e un pochino anche grazie alla nostra iniziativa - il cumulo gratuito è diventato legge.

Si tratta di una elementare e sacrosanta norma di giustizia sociale: chi nella sua vita ha fatto lavori diversi, ha versato regolarmente i contributi e ha maturato i requisiti per andare in pensione, non può essere costretto a ripagarli, per di più al quadrato, solo perché li ha versati a enti previdenziali diversi o alle gestioni separate. Il cumulo consente di sommare gratuitamente tutti i contributi versati e prevede che al maturare del requisito pensionistico ciascuna gestione previdenziale eroghi la propria quota di in base a ciò che ad essa è stato versato (pensione pro-quota). La ricongiunzione onerosa diventa così una facoltà, per chi ambisce a pensioni più alte, non più una estorsione obbligata.

E' una legge che interessa e restituisce equità a centinaia di migliaia di persone. Solo che, come spesso accade in Italia, "fatta la legge trovato l'inganno". Nel senso che fin dal giorno dopo della sua approvazione questa preziosa conquista viene sabotata dagli enti di previdenza, che danno interpretazioni ultra-riduttive e trovano mille scuse per non applicarla nell'interesse dei lavoratori. L'Inps dice che va applicata alle condizioni peggiori vigenti nei diversi regimi coinvolti: in buona sostanza se anche uno solo degli enti previdenziali a cui si sono versati i contributi prevede la pensione a 70 anni, per andare in pensione col cumulo servono 70 anni di età. L'Inpgi dei giornalisti, che da quest'anno richiede ai propri iscritti 38 anni di contributi e 62 di età per andare in pensione anticipata (ex anzianità), sostiene che per andare in pensione col cumulo si deve applicare la legge Fornero, che ne prevede quasi 5 in più: 42 anni e 10 mesi.

Un'interrogazione del senatore Pagliari su questo tema è da un mese in attesa di risposta. Inps, Inpgi e le altre casse privatizzate sembrano preoccuparsi soltanto di evitare di dover pagare più pensioni (col cumulo molti riuscirebbero ad andare in pensione prima, anche se con assegni ridotti) e di fare cassa (con l'estorsione delle ricongiunzioni onerose), forse anche per preservare i lauti stipendi e privilegi dei rispettivi vertici. In altre parole, pensano agli interessi propri invece che a quelli dei loro iscritti. E questo nel silenzio generale del governo, della politica, del Parlamento che quella legge sul cumulo ha approvato, dei sindacati, dei consiglieri eletti dagli iscritti che dovrebbero rappresentare nei consigli di amministrazione degli istituti di previdenza, a cominciare da quello dei giornalisti. Bell'Italia, davvero!

1 commento: