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giovedì 11 febbraio 2016

Bene la conquista delle unioni civili gay ma la discriminazione continua per le convivenze di fatto tra uomini e donne



Se passa così com’è, “stepchild adoption” compresa, il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili colmerà finalmente l’odiosa discriminazione nei confronti delle coppie omosessuali ma non quella, altrettanto odiosa e cronica nell’Italia Vaticana, nei confronti delle coppie di fatto eterosessuali. Secondo l’Istat, a fine 2014 queste ultime erano più di un milione, ovvero due milioni di uomini e donne che convivono senza essersi maritati né in chiesa né in municipio. Una stima probabilmente in ribasso dal momento che - sempre secondo l’Istat – un bambino su quattro è oggi figlio di genitori non sposati. Numeri, in ogni caso, infinitamente superiori a quelli delle unioni gay, con un trend all’aumento esponenziale.

I diritti previsti per le coppie gay  

Ebbene, mentre il ddl Cirinnà inserisce nel diritto di famiglia un nuovo istituto specifico per le coppie omosex, chiamato “unione civile”, diverso ma equiparabile al matrimonio per diritti e doveri a cominciare dalla possibilità di celebrare l’unione presentandosi con due testimoni davanti a un ufficiale di stato civile (senza spese) fino alla possibilità di adottare il figlio o la figlia biologica del partner e di ottenere in caso di morte dello stesso la reversibilità della pensione , per le coppie etero il disegno di legge si limita a inserire una inedita e importante ma comunque parziale regolamentazione delle “convivenze di fatto”, con alcuni positivi riconoscimenti normativi ma meno diritti sostanziali rispetto alle unioni civili. 

Quelli per le coppie etero

Intanto, per registrare una “convivenza di fatto” non basta andare in comune ma serve un atto dal notaio (che non è gratis). Poi il ddl stabilisce, ad esempio: che ciascun convivente può designare l’altro come suo rappresentante in caso di malattia in modo da poterlo assistere in ospedale; che se il partner proprietario della casa della convivenza muore, l’altro ha il diritto di continuare a viverci fino a un massimo di 5 anni e in caso di affitto di succedergli nel contratto; che in caso di separazione e scioglimento del “contratto” (sempre dal notaio) il giudice può riconoscere al partner più debole un assegno di mantenimento per un certo periodo e in misura proporzionale alla durata della convivenza.

E quelli negati alle convivenze tra uomo e donna

Al di là di queste novità positive restano però i diritti sostanziali negati da sempre ai conviventi, che in Italia restano legislativamente praticamente “invisibili”. Agli uomini e alle donne che non si sposano, a differenza di quanto previsto per i conviventi gay, non sarà consentito di adottare il “figliastro” (e il minore ricevuto in affido dalla coppia, se uno dei conviventi muore può essere sottratto e destinato a una “famiglia regolare”), non sarà riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità e nemmeno quello di accedere all’eredità, a meno che il partner non abbia fatto testamento a suo favore (con atto notarile).

L'influenza vaticana e il paradosso del ddl Cirinnà

Così, mentre la legislazione della gran parte degli Stati del mondo occidentale ha sancito già da molti anni una quasi sostanziale equiparazione tra convivenza (etero o omo che sia) e matrimonio, nel nostro Paese la pesante discriminazione delle coppie di fatto eterosessuali, figlia dell’influenza vaticana sul mondo cattolico e di una Stato assai poco laico, continuerà ad esistere. Col paradosso che domani, se il ddl Cirinnà verrà approvato, le coppie di fatto etero saranno discriminate anche rispetto ai discriminati di ieri e di oggi: gli omosessuali.



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