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sabato 4 luglio 2015

E' tornata l'Unità, Viva l'Unità. Ma è molto di governo e poco di lotta

L’Unità è tornata, Viva l’Unità. Sono contento per tutto ciò che il quotidiano fondato da Antonio Gramsci rappresenta: per la sua storia di giornale popolare, politico e combattente mai domo; per il contributo che la testata ha dato alla crescita della sinistra e all’affermazione della democrazia in Italia; per il simbolo che è stata per generazioni di militanti (ex?) comunisti, diffusori, volontari delle feste de l’Unità, frequentatori delle case del popolo; per la voce che ha sempre assicurato ai lavoratori e il sostegno che ha saputo dare alla causa dei più deboli; per il contributo che ha dato a capire e raccontare il Paese, a far crescere la libertà di informazione e l’editoria alternativa non omologata al potere; per la straordinaria palestra di giornalismo che è stata per tanti di noi, e anche per i colleghi che oggi tornano a cimentarsi con l’ennesima sfida di questo giornale, sperando che la possano vincere e che possano riprendere a bordo anche i tanti (27 sui 56 della vecchia redazione) che sono rimasti a spasso.

Ma è ancora il giornale che abbiamo conosciuto?



L’Unità è rinata, viva l’Unità, dunque. Ma è ancora l’Unità? E’ ancora il giornale che abbiamo conosciuto? L’evoluzione di quel foglio di informazione controcorrente che durante il fascismo solo a leggerlo finivi in galera e che il papà di D’Alema, Giuseppe, stampava nella tipografia clandestina di Conselice (Ravenna) negli anni del Resistenza? Quell’”organo del Pci” nel quale scrivevano intellettuali come Calvino e Pasolini, e che con Enrico Berlinguer segretario del Pci metteva definitivamente in soffitta la prima pagina sulla “luttuosa notizia” della morte di Stalin e quelle che giustificavano le repressioni e le invasioni sovietiche? Quella voce internazionalista che il 30 aprile 1975, giorno della fine della guerra in Indonesia, col titolo: “La vittoria del Vietnam illumina il Primo maggio”, gridava speranza ai popoli che volevano affrancarsi dal colonialismo americano, ai lavoratori e alle giovani generazioni che speravano in un mondo nuovo? Quel giornale che negli anni Settanta, ai tempi dell’eskimo e delle grandi contestazioni studentesche, Francesco Guccini cantava con “.. e alcuni audaci in tasca l’Unità”, e della prima pagina col titolo rosso a tutta pagina “Eccoci” che un milione di lavoratori nel 1984 esibiva a Roma come una bandiera contro il taglio della scala mobile? O quello che negli anni Novanta, con Veltroni direttore, era diventato uno dei migliori e più venduti quotidiani italiani, con l’Unità 1 e l’Unità 2, opinionisti e firme autorevoli da fare invidia, le videocassette e i libri come gadget? O, infine, il quotidiano tormentato e mai troppo politicamente corretto e allineato al Pd degli ultimi anni? Quello del calo inarrestabile delle vendite, della chiusura del 2000, del ritorno in edicola prima con l’editore Dalai e con Colombo, Padellaro e Travaglio alla guida, poi col ribaltone del 2008 con Soru editore e Concita De Gregorio direttore, fino all’ultima giravolta con Fago editore, Sardo e Landò alla direzione e una linea politica più vicina alla minoranza bersaniana che al nuovo corso renziano? 

Le giravolte editoriali e i salti mortali della redazione per riaprirla



E’ presto per valutare cosa sarà la nuova Unità, che si è ripresentata mantenendo la scritta “fondata da Antonio Gramsci” e il rosso della testata, ha introdotto l’apostrofo verde e una grafica piuttosto accattivante, e ha inaugurato il sito  http://www.unita.tv/ che con la sua piattaforma multimediale innovativa sembra il vero valore aggiunto del giornale. Del resto, non voglio giudicare il lavoro dei colleghi che, per quel che ne so, con le giravolte della compagine editoriale negli ultimi mesi si sono trovati in una situazione alquanto precaria, hanno fatto i salti mortali per riportare il quotidiano in edicola e li stanno tuttora facendo per farlo uscire, essendo provvisoria perfino la redazione. L’assetto societario a maggioranza della Pessina Costruzioni (nella foto il nuovo amministratore delegato della Pessina e de l'Unità, Guido Stefanelli), con l’editore del gossip Veneziani sceso sotto l’1% e il Pd salito quasi al 20%, è stato infatti definito solo poche settimane prima del debutto e l'uscita entro il 30 giugno era la condizione per non far decadere gli accordi presi davanti al giudice e non riaprire le porte del fallimento.

Debutto con caduta di stile e svolta: l'Unità molto di governo e poco di lotta?

Ma è sotto gli occhi di tutti la svolta “genetica”, da giornale fondamentalmente “contro” a giornale “governativo”, che traspare dai primi numeri de l’Unità di Erasmo D’Angelis  (nella foto), direttore
con un passato remoto da giornalista del Manifesto, uno più recente da politico e manager (consigliere regionale e poi presidente di Publiacqua in Toscana, quindi sottosegretario nel governo Letta) e un presente da fedelissimo del premier Renzi, che lo ha voluto come capo dell'Unità di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico, dopo che si era parlato di lui come candidato alla guida della Protezione civile. Il primo giorno l’Unità di De Angelis parlava d’altro: mentre la Grecia occupava le prime pagine di tutti i media, l’apertura del quotidiano fondato da Gramsci era su #AntimafiaCapitale, il lavoro delle associazioni e la campagna contro la corruzione a Roma, accompagnata dalla foto e dall'enciclica del Papa (pubblicata a puntate).



Il secondo giorno apertura dedicata alle assunzioni nelle fabbriche Fiat di Marchionne e ai cantieri aperti per la sicurezza delle scuole.


E qui non si potevano non registrare una svolta radicale e una incredibile caduta di stile. La svolta sta nel sostegno incondizionato al “jobs act”, quando la precedente Unità si era caratterizzata per la sua vicinanza ai lavoratori - e alle lotte della Cgil e della Fiom in particolare - dando voce alle proteste diffuse contro la riforma del mercato del lavoro. La caduta di stile sta nella storia dei cantieri per la scuola, che fa parte del progetto “Italia Sicura” del Governo di cui il nuovo direttore de l’Unità, D'Angelis, era fino a pochi giorni fa uno dei responsabili. Il terzo e quarto giorno l’Unità è parsa essere di più “sul pezzo” dell’attualità, anche se il taglio renziano non cambia. I titoli sulla Grecia, ad esempio, erano: ""Grecia, tasche vuote e arsenali pieni", "La colpa di Syriza", "La sinistra irresponsabile di Tsipras". Intanto si moltiplicano gli interventi in prima del premier (due in quattro giorni) e i commenti all’interno dei suoi ministri sui temi di maggior peso, quasi a voler modellare il giornale fondato da Gramsci come “megafono” del Governo e del Primo ministro che è anche segretario del Pd. Se così sarà, dubito che l’Unità – almeno quella di carta che si compra all'edicola con 1,40 euro - potrà conquistarsi uno spazio di mercato. E, soprattutto, dubito che saprà riconquistare l’affetto e la fiducia del suo pubblico, che è, da sempre, un popolo passionale ma “bastian contrario” e anche piuttosto di sinistra.

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