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mercoledì 6 maggio 2015

L'Unità in alto mare, slitta il ritorno in edicola. Scioperi contro il nuovo editore che non paga gli stipendi. Pignorati i beni dei giornalisti per le querele arretrate

Di male in peggio. Prima il rinvio del ritorno in edicola de l’Unità, annunciato per il 25 aprile poi slittato a data da destinarsi, forse a dopo l’estate. Ora la notizia, battuta dall’Ansa martedì 5 maggio, che i giornalisti del gruppo Guido Veneziani Periodici, ovvero del nuovo azionista di maggioranza del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, hanno proclamato uno sciopero a oltranza, “'dopo non aver ricevuto la tredicesime a gli ultimi tre stipendi'', che proseguirà “fintanto che non verrà attuato il piano di rientro dei crediti dei lavoratori sottoscritto neo giorni scorsi ma disatteso dall'editore”. In mezzo, l’altra notizia, ancor più clamorosa, del pignoramento dei beni all’ex direttore de l’Unità, Concita De Gregorio, e ad altri redattori del giornale per far fronte alle querele milionarie che l’Unità ha ricevuto e che il vecchio editore – la Nie di Matteo Fago - non ha saputo o voluto fronteggiare, scaricandone peso ed effetti sui giornalisti.

Diffamazione: l’editore è fallito, ci si rivale sui giornalisti
Cominciamo proprio da qui. Martedì 5 maggio, alla Camera, giornalisti de l’Unità e sindacalisti della Fnsi (presenti anche il tesoriere del PD, Francesco Bonifazi, il vice segretario Pd Guerriini, Pippo Civati e Rosi Bindi) hanno denunciato in una conferenza stampa quel che sta accadendo con le querele arretrate. L’editore, fallito, se n’è lavato le mani. Lo studio legale dell’editore, non più pagato, forse non le ha seguite adeguatamente. Il Pd, referente politico dell’editore e della redazione, in un primo momento si è fatto di nebbia. E siccome quando arrivano, le condanne sono in solido tra editore, direttore responsabile e autore dell’articolo (la responsabilità nelle cause di diffamazione è ripartita in questo modo: 80% editore, 10% ciascuno giornalista e direttore della testata), sono scattati pignoramenti e ingiunzioni di pagamento nei confronti dei giornalisti per oltre 400mila euro, comprensive della quota largamente maggioritaria che spetterebbe alla società editoriale. In più, i giornalisti coinvolti sostengono di non essere stati informati sull’andamento di cause che, a loro dire, sarebbero state facilmente contrastabili.

Pignorate le case. I giornalisti: “In gioco la libertà di stampa”

A farne le spese sono state, finora, la De Gregorio, direttore de l’Unità tra il 2008 e il 2011, che si è vista notificare un atto di pignoramento della casa e di una parte dello stipendio, e la cronista Natalia Lombardo, pignorata sulla casa per 18mila euro. Ma altre sono destinate ad arrivare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. "Concita De Gregorio e altri giornalisti de L'Unità stanno pagando anche il conto dell'editore e questo non è giusto. Non solo, questa situazione rischia di minare profondamente la libertà di stampa nel nostro Paese perché nulla esclude che possa verificarsi in futuro anche in altri giornali", hanno detto redattori e sindacalisti.

Una mano da Pd e nuovo editore. “Ma bisogna modificare la legge”

La conferenza stampa, molto partecipata (c’erano diverse firme storiche del quotidiano, il papà di Bobo, Sergio Staino, gli ex direttori Padellaro, Sardo e Landò, mentre De Gregorio è intervenuta telefonicamente, oltre all'ex amministratore delegato della Nie, Giorgio Poidomani, e ad alcuni degli avvocati che stanno seguendo la vicenda) è servita non solo a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema, ma anche a smuovere il Pd e il nuovo editore. Bonifazi ha infatti annunciato la decisione, presa in accordo con Veneziani, di destinare i contributi arretrati per l'editoria che l’Unità deve ancora percepire alla creazione di un fondo per sollevare i giornalisti che attualmente, in caso di fallimento, si ritrovano a pagare di tasca loro anche per l'editore. Un impegno, non scontato, che si unisce a quello legislativo illustrato dal relatore della legge sulla diffamazione Walter Verini: gli uffici legislativi starebbero studiando una norma che vada incontro ai giornalisti in caso di fallimento dell'editore. A favore della battaglia dei giornalisti de l’Unità e della Fnsi si sono schierati, tra gli altri, Moni Ovadia e Dario Fo. La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha inviato un messaggio di solidarietà.

Si complica la rinascita del quotidiano fondato da Antonio Gramsci

Intanto si complica la rinascita in salsa nazional-popolare-renziana di quello che fu lo storico quotidiano del Pci, che ha sospeso le pubblicazioni il 31 luglio del 2014 dopo anni di crisi di vendite. Ricordiamo che, dopo lunghe trattative, lo scorso 24 marzo il Tribunale di Roma aveva dato il via libera all’affitto della testata da parte di una nuova cordata composta dall’editore del gossip Veneziani (Stop, Top, Vero, Rakam e Miracoli), dal costruttore lombardo Pessina e dalla fondazione del Pd, Eyu.

Il piano editoriale resta misterioso. Si sa soltanto che nel nuovo giornale lavoreranno 25 del 56 giornalisti che componevano la vecchia redazione, di cui soltanto 16 assunti con contratto articolo 1 e gli altri 9 con contratto di collaborazione, di cui 5 pagati dal Pd. Il direttore non c’è ancora. I nomi che erano circolati (Stefano Menichini di Europa, Maria Teresa Meli del Corriere della Sera, Gaia Tortora de La 7) non hanno trovato conferma.

Le “idee bislacche” che Renzi propone a Cuperlo

E domenica 3 maggio, dal palco della festa de l’Unità di Bologna, il premier e segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, se n’è uscito con questa battuta: “Stiamo vedendo con Gianni Cuperlo alcune idee bislacche per l’Unità che tornerà in edicola”. Un’affermazione che ha rilanciato i sospetti sul giornale usato come merce di scambio e trattativa tra maggioranza e minoranza del Pd. A Cuperlo sarebbe stata offerta la direzione, ma lui l’avrebbe rifiutata. Resterebbe invece in campo l’ipotesi di un direttore scelto, condiviso o gradito dalla minoranza, che si inserirebbe nel tentativo di Renzi di recuperare a sinistra dopo gli strappi sul Jobs Act e sull’Italicum. “E’ inaccettabile che un’azienda editoriale sia piegata a simili obiettivi politici, minando così l’autonomia di cui la redazione è sempre stata gelosa custode”, avevano denunciato i giornalisti de l’Unità nei giorni scorsi. 

Mentre scattano gli scioperi contro il nuovo editore che non paga gli stipendi 

L’unica cosa certa, al momento, è il rinvio a dopo l’estate, forse per la Festa nazionale de l’Unità a Milano, del ritorno in edicola, in precedenza quasi annunciato per il 25 aprile. Un quadro di grande incertezza, aggravato dai problemi del Gruppo Veneziani. Problemi soprattutto di liquidità, sembrerebbe, che avevano già portato nei giorni scorsi allo sciopero dei dipendenti delle stamperie controllate (Enerprint di Moncalieri, rilevata pochi mesi fa, e Roto Alba di Cuneo) per il mancato pagamento degli stipendi di marzo, e che ora sono sfociati nello sciopero ad oltranza dei giornalisti del Gruppo, sempre per il ritardato pagamento degli stipendi. Un incubo per i redattori della vecchia l’Unità, che oltre ad aver perso il posto di lavoro vantano ancora stipendi arretrati dalla Nie, la società editoriale che ha portato alla chiusura del giornale.



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