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lunedì 2 dicembre 2013

Voltapagina.globalist.it, work in progress del sito su giornalisti, giornalismi e media. Con una ricerca in esclusiva sulla deriva della professione

Assieme a un a decina di amici e colleghi e alla syndication Globalist.it sto lavorando alla nascita di un sito su giornalisti, giornalismi e media. Il prototipo è già on line e lo potete vedere al seguente link 
voltapagina.globalist.it. Di seguito riporto la nota che ho fatto nel gruppo Giornalisti di Facebook e il pezzo che ho scritto su Globalist.it per presentare la ricerca che ci ha dato in esclusiva Pino Rea http://www.lsdi.it/ sulla deriva della professione e il boom dei pubblicisti spesso poco formati, sempre sfruttati e non tutelati, nella produzione dei media.

xxxx LA NOTA NEL GRUPPO GIORNALISTI DI FACEBOOK

"Cari iscritti a questo gruppo Giornalisti, io e una decina di amici e colleghi, assieme alla syndication Globalist.it, stiamo lavorando alla costruzione di voltapagina.globalist.it, sito su giornalisti, giornalismi e media. Un'iniziativa work in progress che si propone di ampliare e sviluppare l'esperienza del gruppo Giornalisti su Facebook nata qualche anno fa per aprire uno spazio di informazione e dibattito sui problemi della professione, della deontologia e dell'etica giornalistica. Un gruppo chiuso, riservato ai giornalisti, inizialmente ristretto e di puro servizio sull'attività del Consiglio nazionale dell'Ordine e, in parte, del sindacato. Un gruppo che poi è via via cresciuto fino a raggiungere i 600 iscritti, diventando uno strumento, credo utile, anche per osservare i grandi cambiamenti in atto nel nostro mestiere, le novità in campo editoriale e nei mass media. 

Da qui, su sollecitazione di Globalist, è nata l'idea di Voltapagina, per dare maggiore voce alle esperienze dei colleghi impegnati sui diversi fronti della professione, e con dentro le notizie sui media, l'editoria, l'attività sindacale e dell'Ordine. Un sito gestito in maniera del tutto volontaria, senza padroni, libero, che speriamo possa servire a far crescere un'informazione attendibile e puntuale su tutto quel che si muove nel nostro mondo.
Del gruppo promotore che si è reso disponibile a collaborare fanno parte, oltre al sottoscritto, i colleghi Serena Bersani, Onide Donati, Beppe Errani, Giancarlo Ghirra, Oreste Pivetta, Saverio Paffumi, Pino Rea, Gianfranco Sansalone. Ma abbiamo bisogno di allargare la cerchia dei collaboratori per riuscire a centrare l'obiettivo.
L'invito a tutti voi è, dunque, non solo di mettere voltapagina.globalist.it tra i vostri preferiti e di cominciare a seguirlo, ma di mandare i vostri suggerimenti e i vostri contributi alla mailbox voltapagina@globalist.it. Noi cercheremo, per quanto possibile, di selezionarli e di pubblicare quelli che, nei diversi campi, daranno un contributo vero a comprendere meglio cosa si muove nel nostro mondo.

xxxxx L'ARTICOLO SU GLOBALIST.IT http://www.globalist.it/

C'era una volta la categoria dei giornalisti professionisti: una posizione ambita, faticosissima da raggiungere, ristretta, affascinante, privilegiata. Poi i media hanno smetto di assumere, di creare praticanti, mentre il mercato dei giornali stampati crollava fino a scendere abbondantemente sotto i livelli dell'inizio del secolo scorso, quando le testate erano pochissime, i giornali si facevano col piombo e chiudevano alle cinque del pomeriggio.

Gli editori, schiacciati dalla crisi frutto della concorrenza della Rete ma anche della loro incapacità, invece di rilanciare il prodotto con nuove idee e investimenti hanno cominciato a tagliare costi e a portare sempre più il lavoro fuori dalle redazioni. Così oggi ci accordiamo che c'è un giornalismo fatto sempre meno di professionisti e sempre più di pubblicisti e freelance, spesso poco formati, comunque sempre sfruttati e non tutelati.

L'ultima fotografia di questo fenomeno l'ha scattata Lsdi (Libertà di stampa diritto all'informazione) di Pino Rea, che l'ha data in esclusiva a Voltapagina, il nuovo sito sui giornalisti, i giornalismi e i media della syndication di Globalist che stiamo costruendo work in progress con un gruppo di amici e colleghi.

Dalla ricerca emerge innanzitutto che il lavoro giornalistico, almeno sul piano numerico, è oggi in prevalenza nelle mani dei pubblicisti. Sono infatti ben 24.864 i pubblicisti attivi, contro i 21.475 professionisti. "A conferma che il sistema industriale/editoriale del giornalismo italiano - dice la ricerca Lsdi - ha scelto la strada della esternalizzazione (outsourcing)".

L'ha fatto prosciugando il più possibile le redazioni, dove il costo del lavoro è più alto, concentrando a livello centrale l'attività di progettazione, filtraggio e cucina, spostando invece all'esterno tutta la fase della produzione della "materia prima" (notizie e servizi).

"Un lavoro - scrive Pino Rea - affidato a un nuovo pubblicismo, sempre più robusto in termini numerici ma sempre più debole in termini di diritti e di reddito. È un'area con una fisionomia del tutto lontana dal pubblicismo di 50 anni fa. Quasi il 40% dei 65.200 pubblicisti iscritti all' Ordine hanno infatti una posizione all'Inpgi e più di un terzo di questa area (oltre 20.000 persone) sono pienamente all' interno del giornalismo professionale".

"Un quadro - aggiunge Rea - che pone al sindacato delle sfide molto complesse ma coinvolge fortemente anche l'Ordine dei giornalisti, mostrando l'urgenza di una riforma che preveda, fra l'altro, il superamento della distinzione fra professionisti e pubblicisti e l'eliminazione dell'alibi della tessera professionale utilizzata da molti editori e dirigenti editoriali surrettiziamente come "moneta" e "sotto-salario".

I pubblicisti restano perciò in forte minoranza nel campo del lavoro subordinato: appena 3.393 dipendenti contro 15.530 professionisti. Nel settore del lavoro autonomo o parasubordinato, invece, sono 21.471 contro 5.945 professionisti. "Rappresentano cioè - precisa la ricerca - il 17,6% del lavoro subordinato e il 75,6% di quello autonomo". C'è da aggiungere, inoltre, che il pubblicisti attivi rappresentano oggi il 38,1% dei pubblicisti iscritti all'Ordine (sono ben 65.201) e il 22,2% di tutti gli iscritti (compresi pensionati, elenco speciale e stranieri). Un dato, anche questo, che dimostra come la riforma dell'Ordine non può più attendere.

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