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lunedì 9 dicembre 2013

Perchè Renzi ha trionfato. Ora sarà il "nientalista" di Crozza o il nuovo vero leader della sinistra?

Matteo Renzi ha stravinto e s'è preso il Pd. Il trionfo è andato oltre le previsioni: il 68% dei voti. Con una partecipazione che pure ha smentito i timori di un crollo massiccio: oltre 2,5 milioni di votanti, tanti, comunque mezzo milione in meno rispetto alle primarie che nel 2009 incoronarono Bersani segretario.

Il "rottamatore" ha vinto in tutto il Paese, in modo uniforme. Ma ha vinto di più nelle "regioni rosse": 78,5% in Toscana, 76% nelle Marche, 75,4% in Umbria, 71% persino in Emilia-Romagna. Qui Gianni Cuperlo, che tra gli iscritti aveva prevalso, tra gli elettori non è evidentemente riuscito a scrollarsi di dosso il marchio dell'ancien régime che gli ha stampato addosso l'endorsement di Massimo D'Alema. Il più ortodosso e preparato dei candidati alla leadership del Pd ha preso un misero 15%, insidiato da vicino da Pippo Civati, che - del resto - lo tallona in tutte le regioni del centro Nord e in alcune lo sopravanza al secondo posto (Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige).

Come ha fatto il "Gian Burrasca" di Firenze a rovesciare in modo così clamoroso il risultato delle primarie per la leadership del centrosinistra di appena un anno fa? Perchè un ex democristiano è riuscito a prendersi così facilmente il partito degli ex comunisti?

Io me lo spiego così. La Rete e i principali media - da Repubblica al Corriere passando per l'Espresso, le riviste di gossip e l'entertainment televisivo - hanno costruito il personaggio e l'hanno spinto parecchio. Il potere economico non lo vede affatto male. Oltreoceano i leader di provenienza democristiana sono da sempre considerati assai meglio di quelli ex Pci. E anche un buon 30% di chi ha votato alle primarie ma non voterà Pd o sinistra alle politiche, secondo gli ultimi sondaggi, ha voluto farlo vincere.

Il resto, probabilmente la parte più grossa, l'ha fatta la politica: l'incapacità disarmante della classe dirigente del Paese - di sinistra, di centro e di destra - di cogliere la portata del distacco dei cittadini dai partiti e dalle istituzioni, la dimensione della loro sfiducia e la loro voglia di cambiamento radicale. Il popolo non ne può più di questa situazione di crisi infinita e di immobilismo totale. E a sinistra il siluramento di Prodi per il Quirinale, la rielezione di Napolitano e le larghe intese sono stati il colpo di grazia.

Il desiderio di voltare pagina, di chiudere con i vecchi leader e di smettere di perdere ha spinto gli elettori del centrosinistra ai gazebo ed è stato, alla fine, più forte di ogni diffidenza verso il nuovo leader. Il quale non a caso li ha voluti rassicurare dicendo: "E' la fine di una classe dirigente, non della sinistra. Cambio i giocatori, non vado nell'altro campo".

Renzi è sicuramente il personaggio che meglio ha saputo intercettare la volontà di voltare pagina degli elettori: il politico di professione più televisivo e più bravo negli spot, forse anche quello che può far vincere il Pd. Ma la "sua" sinistra è ancora un mistero. Non se ne conoscono le idee e i contenuti, l'innovazione per ora fa rima solo con rottamazione, non si sa quale forma partito abbia in testa dopo lo svilimento del ruolo degli iscritti sancito dalle primarie aperte.   

Anche la sua storia personale resta ambigua: cresce democristiano ma fa carriera nella sinistra, diventa giovanissimo presidente della Provincia di Firenze e appena scende la vuole abolire, fa il sindaco più per procura che per presenza ma vuole mantenere la poltrona anche quando sarà segretario del Pd, dice che non vuole prendere il posto di Letta ma ogni giorno gli sega un pezzetto di sedia sotto al sedere. 

I prossimi mesi ci diranno se Renzi è il "nientalista" di Crozza, un "berlusconino" di centro, o il nuovo vero leader della sinistra che cambia. Per ora onore al vincitore e al popolo delle primarie, che anche questa volta non ha tradito. E auguri agli elettori di sinistra, che nonostante tutte quelle che hanno preso non hanno perso la passione e la speranza, dimostrando di essere sempre e comunque meglio dei leader che si ritrovano. 

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