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lunedì 28 ottobre 2013

L'Emilia rossa e bersaniana (ex) sale sul carro del "rottamatore"

Un pezzo che avevo scritto su proposta di un settimanale nazionale (non vi dico quale) che però non è ancora stato pubblicato. E siccome le notizie sono come il pesce, dopo un po' puzzano, lo pubblico nel blog per gli amici che mi seguono qui e su Fb. 

C’era una volta l’Emilia-Romagna rossa. La terra delle mille feste dell’Unità e del mezzo milione di iscritti al Pci di Enrico Berlinguer, che da sola faceva la metà del bilancio del partitone e delle vendite del giornale fondato da Antonio Gramsci. Regione dalla forte passione politica, da sempre “fedele alla linea”, ma la meno comunista d’Italia. Culla delle coop rosse, della sinistra riformista al governo e del consociativismo con i capitalisti e i cattolici. Infine, non a caso, anima della “svolta della Bolognina” dove Achille Occhetto chiuse definitivamente con il comunismo.

C’è oggi un’Emilia-Romagna disgustata dalla politica (quasi il 25% dei voti a Grillo alle ultime politiche) e delusa dal Pd (sceso al 37% dei consensi e ad appena 60mila iscritti), confusa, divisa tra tradizione e innovazione, ma anche stanca di perdere e dunque pronta a mollare “l’ortodosso perdente” Bersani e a salire sul carro del “rottamatore” Matteo Renzi, il vincitore annunciato alle primarie dell’8 dicembre per la leadership del partito e, vuoi mai, delle prossime politiche.
Con Renzi si stanno schierando via via i sindaci delle maggiori città, parlamentari, amministratori pubblici, segretari di federazione, cooperatori, perfino intellettuali di peso come Michele Salvati e Luigi Pedrazzi, entrambi del Mulino, l’influente pensatoio della sinistra, contrastati però dal presidente dell’Istituto Gramsci e biografo di Bersani, Carlo Galli, che ha invece demolito la figura politica del sindaco di Firenze sostenendo che è “un democristiano” e che in lui “non c’è nulla di sinistra”.

Molti di quelli che oggi sostengono Renzi “il democristiano” fino a ieri erano considerati bersaniani di ferro, a cominciare dal segretario regionale del partito, il modenese Stefano Bonaccini. Un cambio di cavallo che è stato premiato dal “rottamatore” con la nomina a coordinatore della sua campagna nazionale per la segreteria. Un ruolo di primissimo piano per Bonaccini, che ha scalzato il precedente coordinatore, l’ex sindaco di Piacenza Roberto Reggi, e scavalcato un altro modenese rampante, l’ex presidente dell’Assemblea legislativa regionale ora deputato, Matteo Richetti, soprannominato il “JFK di Fiorano”, già braccio destro di Renzi alle primarie del centrosinistra che in Emilia-Romagna solo un anno fa videro prevalere Bersani col 60,8% (che nel 2009 vinse invece la corsa alla segreteria contro Fransceschini con il 53,4%, con 400mila votanti alle primarie).  

I fedelissimi dell’ex segretario, invece, pur se tirati per la giacca e “arruolati d’ufficio” tra i sostenitori di Gianni Cuperlo, per ora tacciono. Tace il governatore Vasco Errani, che di Bersani è (o era?) il braccio destro e il proconsole in Emilia. Tace il piacentino Maurizio Migliavacca, che per Pierluigi coordinava la segreteria del partito. Tacciono il ravennate Vladimiro (Miro) Fiammenghi e l’imolese Massimo Marchignoli, che erano gli “ufficiali di collegamento” del segretario e di Errani col territorio. Ed è un silenzio che pesa quello degli uomini del cosidetto “tortellino magico”.

Suona come una freddura verso Cuperlo. Quasi che si sentissero orfani di un candidato che davvero li rappresenti. Come del resto orfani appaiono Romano Prodi e i prodiani, che non staranno certo col candidato dell’odiato D’Alema, ma nemmeno con Renzi. Nonostante la vicinanza culturale e la comune matrice cattolica, non hanno alcun feeling col “rottamatore”, che in passato cercò invano “l’endorsement” del professore ed è sospettato di essere tra i cospiratori che, per l'elezione del Capo dello Stato, spinsero 101 parlamentari Pd a pugnalare nel segreto dell’urna il padre fondatore del Pd. Tanto che alcuni prodiani sono dati addirittura tra i sostenitori o simpatizzanti di Pippo Civati, a cominciare dalla portavoce di Prodi, Sandra Zampa.

Con Renzi sono invece schierati l’ex presidente della potente Associazione dei Comuni (Anci) e sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio, l’ex segretario Pd e capogruppo alla Camera, Dario Franceschini, oggi entrambi ministri di primo piano nel governo Letta. Poi un folto gruppo di  sindaci guidati dal primo cittadino del capoluogo Bologna, Virginio Merola, che una volta diede del “golpista” a Renzi poi, quando a settembre maturò la giravolta, venne sonoramente contestato alla festa dell’Unità. Con lui ci sono Roberto Balzani (Forlì), Andrea Gnassi (Rimini), Paolo Lucchi
(Cesena), Giovanni Malpezzi (Faenza) e i primi cittadini delle ex roccaforti dalemiane prima e bersaniane poi, Ravenna (Fabrizio Matteucci, ex segretario regionale del partito quando Giorgio Guazzaloca conquistò Bologna al centrodestra) e Imola (Daniele Manca).

Tra i segretari uscenti delle federazioni (solo due vengono confermati, a Bologna e Ferrara), stanno col “rottamatore” il probabile successore di Bonaccini alla segreteria regionale, Paolo Calvano (Ferrara), Roberto Ferrari (Reggio Emilia) e Marco Di Maio (Forlì). Con Cuperlo si sono invece schierati Emma Petitti (Rimini), Alberto Pagani (Ravenna) e Fabrizio Castellari (Imola). In bilico tra Renzi e Cuperlo, per motivi diversi, le federazioni di Piacenza e Parma, guidate da reggenti. Anomala la situazione di Bologna, dove il segretario Raffaele Donini veniva dato in procinto di passare con Renzi poi invece si è ricandidato alla segreteria con il sostegno di un gruppo dirigente molto spostato sull’area Cuperlo, come del resto quasi tutti i parlamentari bolognesi.

Emblematica è invece la situazione a Modena, con il partito da tempo in crisi, spaccato. E dove per la segreteria si sfidano due sindaci, quello di Soliera (Giuseppe Schena) appoggiato dai renziani e quello di Maranello (Lucia Bursi) sostenuto dai cuperliani. Una battaglia che include anche la candidatura a sindaco della città, per la quale è in corsa lo stesso Bonaccini, e il cui esito è visto come cartina di tornasole dello scontro nazionale tra renziani e bersanian-dalemiani. Perché, questo è il pensiero di tutti, chi conquista Modena e l’Emilia-Romagna conquista il partito.

Con Renzi, infine, si sono schierati i cooperatori a cominciare dal presidente nazionale di Legacoop, Giuliano Poletti. “Ma questa non è una sorpresa”, dicono i maligni di sinistra, “le coop erano già più a destra del rottamatore”. Tra i 41 parlamentari emiliano-romagnoli, invece, pochissimi sostengono il sindaco di Firenze: la bolognese Francesca Puglisi, che nel 2009 stava con Marino poi era stata voluta a Roma da Bersani; i ferraresi Franceschini e Bratti, il modenese Richetti, i romagnoli Collina e Di Maio e pochi altri.

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