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lunedì 19 agosto 2013

Le sfighe d'agosto e i disastri della politica

Un mese e mezzo di lontananza dal blog, e in generale dai social network. Periodo no. Problemi. Il lavoro che non c'è, i muratori in casa, infine un malanno a una gamba che mi ha tenuto immobilizzato in casa per tutto il periodo di Ferragosto e ancora mi tormenta. Poca voglia di comunicare. Comunque niente di interessante da raccontare ad altri. Quindi, meglio il silenzio, un buon libro, qualche riflessione.

Il mio buon libro di questo scorcio d'estate (che raccomando a chi non l'ha letto) è stato "L'ombra del vento" di Carlos Ruiz Zafòn. Un romanzo di una decina d'anni fa, scritto benissimo, ambientato in una Barcellona incupita dalla guerra civile, costruito sull'originale idea del "cimitero dei libri dimenticati" e che si sviluppa poi sul parallelismo appassionante tra le storie narrate nel libro salvato dall'oblio (l'Ombra del vento) e quella del suo salvatore, tra la vita dell'autore "maledetto" che l'aveva scritto, Julian Carax, e quella del giovane libraio che l'ha adottato, Daniel Sempere.

La riflessione che vorrei condividere con voi, è su quel che accade fuori dalla porta di casa in questi mesi. Parlo di questa nostra Italia che mi pare sempre più povera, triste, impreparata alla crisi, rassegnata al declino, incapace di reagire, di ritrovare fiducia per guardare al futuro.

Non so voi, ma io vedo un Paese allo stremo, ulteriormente indebolito nell'etica e nel suo grado di civismo, incattivito nei rapporti sociali e interpersonali (lo stillicidio di suicidi di imprenditori e disoccupati, l'escalation impressionante dei femminicidi), con una classe dirigente impresentabile e con un livello di qualità nei servizi pubblici (scuola, sanità, welfare, pubblica amministrazione) ormai in caduta libera, a tutti i livelli.

Sotto l'aspetto economico, l'Italia quinta o sesta potenza mondiale è un miraggio: stiamo scivolando sempre più giù. La nostra economia perde colpi e in questi anni è stata in gran parte spolpata delle sue peculiarità ed eccellenze. Non sa sfruttare le proprie straordinarie ricchezze storiche, culturali e ambientali e le proprie potenzialità turistiche. E' dominata dagli interessi della finanza e delle diverse caste. Soprattutto, non sa più puntare sui giovani, investire sulla formazione e sulla ricerca, sull'ingegno e sulla bellezza. Non sa produrre nuove e vere opportunità di lavoro e progresso. Lascia i nostri ragazzi nel precariato e nello sfruttamento, privandoli perfino di una conquista del secolo scorso come la previdenza.

E' una economia che non sta al passo degli altri paesi su ricerca, innovazione e qualità. Non inventa più nulla. Vive, quando vive, di riflesso e non di motu proprio. Salvo rare eccezioni, non ci sono più gli imprenditori che si affermavano sui mercati di tutto il mondo per la qualità e originalità dei prodotti (pensiamo, in Emilia, a cos'era l'industria motociclistica oggi in gran parte scomparsa, o ai riduttori della Bonfiglioli). Oggi i figli dei pionieri d'industria in molti casi si sono mangiati il patrimonio e il sapere dei padri, hanno venduto le aziende a fondi finanziari, oppure trasferito (qualcuno di nascosto, a Ferragosto) le produzioni in Polonia, Serbia o Romania.

Politicamente, infine, l'Italia è ancora in balia di Berlusconi, di Napolitano e delle "larghe intese" e di una classe politica mai così mediocre. L'impegno a voltare pagina è svanito due giorni dopo le elezioni. La Casta è rimasta saldamente al potere. Dopo la prima condanna definitiva di Berlusconi, siamo addirittura al paradosso di una destra che invece di pensare a come rilanciarsi e trovare un altro leader scende in piazza in difesa del condannato. Con il Pdl che fa il diavolo a quattro sui media e in Parlamento perchè per "il capo" (che li tiene tutti per le palle e senza di lui vanno quasi tutti a casa) non venga applicata una legge dello Stato, gli si conceda di rimanere in Senato e ricandidarsi. E che si appella senza vergogna al Capo dello Stato affinchè si adoperi per non fargli scontare la pena o concedergli la grazia (ma loro la chiamano "garanzia di agibilità politica"). Il Pdl è al governo del Paese. Quale immagine e credibilità può avere l'Italia nel mondo?  

E la sinistra che fa? Il Pd, dopo aver promesso la svolta, prima ha gettato alle ortiche la possibilità di sconfiggere finalmente Berlusconi con le armi della politica sostenendo il governo Monti (che delusione questi bocconiani!), poi è riuscito - nell'ordine - a perdere le elezioni di febbraio, ad affondare in modo vergognoso la candidatura a presidente della Repubblica del proprio padre fondatore (con i franchi tiratori di D'Alema e Renzi, uniti nella lotta), a rieleggere Napolitano e a fare il governo con Berlusconi (e Monti). Un capolavoro. Con grande gioia di Grillo (un'altro che vende fumo), che così ha potuto sottrarsi alla prova del cambiamento e per cui il Paese l'aveva stravotato. Rimandando Vendola e la sinistra più radicale all'opposizione.
 
Non contento del proprio operato, quando è (finalmente) maturata e infine arrivata la prima condanna definitiva per Berlusconi, è stato il Pd, e non il Pdl, ad andare maggiormente in crisi. Gli osservatori dicono che il Pd oggi è l'unico partito italiano sopravvissuto. Io dico che è un partito mai nato, che in questi sei mesi ha visto naufragare il suo progetto, che non sa mettersi d'accordo nemmeno sulle disgrazie dell'avversario politico di sempre e per questo ora naviga, probabilmente, verso una nuova separazione. Risultato finale? Una sinistra mai così impalpabile e in difficoltà, che non sa più proporre un sogno, o anche solo offrire un pensiero e una prospettiva davvero alternative al Paese. Sarà dura tornare ad avere fiducia.



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