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sabato 6 ottobre 2012

Regioni, decreto modello Emilia: saltano i vitalizi per metà dei consiglieri in carica e i tagli ancora non bastano

L'Emilia-Romagna presa a modello dal governo.
Ma i tagli ancora non bastano

La «virtuosità» dell’Emilia-Romagna viene presa ad esempio dal governo che giovedì sera ha deciso per decreto, come peraltro chiesto dai governatori, la drastica riduzione dei costi della politica regionale. Gli otto euro a cittadino (al netto del personale) che qui costa l’attività dell’Assemblea legislativa, diventeranno probabilmente il parametro di riferimento per le altre Regioni. Così come i 5.348 euro netti mensili di stipendio base dei consiglieri emiliano-romagnoli, la riduzione del numero degli eletti, le regole sulla massima trasparenza e l’affidamento esterno dei controlli sui conti.


Ma la relativa sobrietà della nostra Regione («non siamo il Lazio») potrebbe non bastare. Così come potrebbe risultare ancora insufficiente la riduzione di 3 milioni di euro - con il taglio del 30% ai finanziamenti per i gruppi consiliari, le commissioni, le strutture speciali e gli staff - decisa martedì scorso dall’Assemblea con voto unanime.

E anche la nuova manovra sui vitalizi a cui sta lavorando l’ufficio di presidenza dell’Assemblea, potrebbe essere inadeguata. Posto che le «pensioni d’oro» dei consiglieri regionali verranno abolite a partire dalla prossima legislatura, il decreto del governo non prevede soltanto il divieto di cumulo tra vitalizio e altre indennità pubbliche e l’innalzamento dell’età del godimento a 66 anni - misure già contemplate dalla bozza che da una settimana sta girando tra i gruppi consiliari - ma stabilisce anche che, «nelle more» potranno essere corrisposti «trattamenti pensionistici o vitalizi» soltanto a chi ha ricoperto la carica per almeno 10 anni, anche non continuativi.

Il decreto ancora non è noto nei dettagli, ma in Regione ieri era questa la clausola che più teneva in apprensione i consiglieri. Molti tra coloro che hanno già maturato o stanno maturando il diritto erano già in agitazione per l’ipotesi allo studio di rinviare da 60 a 66-67 anni il momento dell’incasso. Ma ora, se quella clausola venisse convertita in legge, circa la metà dei consiglieri - tanti sono nell’Assemblea quelli di prima nomina - vedrebbe sfumare la possibilità di assicurarsi una rendita a vita di almeno 1.650 euro netti mensili, sommabile ad altre, una volta raggiunta l’età della pensione. Inoltre, il decreto sancisce anche il metodo contributivo per il calcolo dei vitalizi. E anche questo non era previsto dalla bozza dell’ufficio di presidenza.

«Se dovremo adeguarci ci adegueremo - dice Mario Mazzotti del Pd, uno dei due questori che sta lavorando alle misure di contenimento dei costi dell’Assemblea - anche se per noi questa vicenda dei vitalizi è paradossale, dal momento che abbiamo già deciso di abolirli. E se il diritto verrà tolto a chi non ha maturato almeno 10 anni, comunque dovrà essere restituito ciò che è stato versato». Che non è poca cosa, dal momento che le trattenute sono mediamente superiori ai 1.100 euro al mese e arrivano a 65mila euro alla fine di una legislatura.

Sulla maggior parte degli altri punti del decreto governativo l’Emilia-Romagna può ritenersi già a posto. «Le decisioni del governo non ci trovano impreparati. Anzi, hanno pieno riscontro in quanto deciso all'unanimità da questa Assemblea», commenta il presidente, Matteo Richetti. Che in una nota elenca voce per voce cosa qui è già stato fatto: riduzione del numero dei consiglieri, stipendi, divieto di cumulo delle indennità, obbligo di rendicontazione delle spese dei gruppi, pubblicazione sul sito della Regione di redditi e patrimoni di eletti e amministratori, controllo della Corte dei Conti.

Resta però l’incognita sull’entità del taglio complessivo del finanziamento dei costi dell’Assemblea. Il decreto del governo parla di una decurtazione del 50% (a fronte del 30% già deciso in Emilia-Romagna) per adeguarsi «al livello della Regione più virtuosa». Ma ancora non è chiaro quale sarà quel livello e quali saranno i parametri che verranno presi a riferimento per il dimezzamento dei fondi. «Il modo in cui viene calcolato il finanziamento dell’attività dei gruppi non è omogeneo - spiega Mazzotti - ci sono Regioni che hanno stanziamenti onnicomprensivi e altre no, Regioni che calcolano solo le spese per le funzioni e altre che contano pure il personale. Io credo che noi dovremmo già essere dentro quel 50%, ma se ci sarà da tagliare di più taglieremo». Lunedì ci sarà una riunione a Roma dei direttori delle Assemblea per capire meglio.


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