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sabato 19 maggio 2012

Riforma e formazione, l'Ordine dei giornalisti alla prova

Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti del 16, 17 e 18 maggio è stato in gran parte dedicato al dibattito sulla formazione professionale. Com'è noto, la riforma degli Ordini professionali proposta dal governo disegna per il nostro Ordine un ruolo sostanzialmente diverso da quello attuale. Fino ad oggi l'Ordine si è occupato prevalentemente degli aspetti disciplinari legati alle violazioni della deontologia:  una sorta di tribunale d'appello per l'esame dei ricorsi dei colleghi. Secondo i propositi della riforma, nel prossimo futuro si occuperà invece in modo preponderante di formazione e di aggiornamento professionale continuo dei colleghi. Si occuperà ancora, naturalmente, di deontologia, ma l'aspetto disciplinare sarà tolto al Consiglio nazionale e affidato a un organismo terzo.

Una "rivoluzione" che considero positiva, perchè potrebbe avvicinare l'attività dell'Ordine alla vita e ai problemi reali dei colleghi, oltre che rilanciare la battaglia per una informazione di maggiore qualità, rispettosa delle carte deontologiche e dei cittadini (lettori, ascoltatori, telespettatori, internauti) attraverso la migliore preparazione (culturale, giuridica, tecnica) dei giornalisti che la producono.

La discussione non era partita bene. Nel precedente Consiglio di fine marzo all'ordine del giorno c'era la costituire di una fondazione per la gestione della formazione. In questo consiglio il tema della fondazione è stato per il momento accantonato, mentre è stato presentata una bozza di regolamento per l'aggiornamento  professionale continuo dei colleghi. E' come se, in entrambi i casi, si fosse cominciato a disegnare la nuova casa dell'Ordine (il suo ruolo futuro) cominciando dal tetto, dagli strumenti per gestirla (la fondazione, il regolamento), invece che dalle fondamenta.

Che, a mio parere, devono essere gettate rispondendo a queste semplici domande: quali indirizzi e contenuti deve avere la formazione? Chi è autorizzato a formare i giornalisti e chi sceglie i formatori? Come si fa a garantire che l'aggiornamento professionale sia sostanziale e non pro-forma, che sia un'opportunità di qualificazione professionale e non un onere per i colleghi? Qual è il grado di coinvolgimento degli editori e del sindacato per assicurare percorsi formativi seri?

Nel mio intervento al Consiglio ho sottolineato questi aspetti, proponendo che prima vengano delineate le linee guida per una legge quadro della formazione dei giornalisti, poi si definiscano i criteri per creare il sistema di accreditamento e l'albo dei formatori. Dopo di che si affronti il tema del rapporto tra Ordine nazionale e Ordini regionali e si definisca un regolamento valido per tutti i colleghi. E alla fine di questo percorso, che si scelgano gli strumenti migliori per la gestione dell'attività formativa.

Altri colleghi hanno giustamente posto il problema del confronto preventivo con gli Ordini regionali, la Federazione della stampa, l'Inpgi, gli editori. Questo approccio è stato sollecitato in particolare dalla minoranza del Consiglio, quella che si può definire di centrosinistra e che ha come leader Giorgio Balzoni.
La proposta è stata sostanzialmente accolta dal presidente Iacopino, che ha disegnato un percorso a tappe forzate per arrivare al prossimo Consiglio del 20, 21 e 22 giugno con una proposta organica sulla formazione, messa a punto attraverso il lavoro di un gruppo di colleghi dell'Ordine e il confronto con gli altri organismi della categoria.

Speriamo bene.




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