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venerdì 20 gennaio 2012

Riforma dell'Ordine dei giornalisti: qualche riflessione sulle linee guida approvate dal Consiglio

Dunque, giovedì 19 gennaio il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti ha approvato lo schema della riforma dell'Ordine medesimo. La definizione delle "linee guida" che dovrebbero riscrivere la legge istitutiva del '63, è stata accelerata dai provvedimenti del Governo sulle liberalizzazioni ed è stata messa a punto dopo l'incontro col ministro della Giustizia, Severino.

E' una proposta - a mio parere - con luci e ombre. Una ipotesi di riforma che comunque dovrà passare al vaglio del ministro, resistere alla prova dei decreti del Governo sulle professioni, superare le perplessità del sindacato e dell'Inpgi, essere convertita in legge dal Parlamento. Solo dopo tutti questi passaggi potrà diventare riforma operativa, di fatto la nuova legge istitutiva dell'Ordine.

Detto questo, le Linee Guida della Riforma (il testo lo trovate all'indirizzo http://www.odg.it/files/linee%20guida%20sulla%20riforma%20professionale.pdf del sito dell'Ordine) prevedono:

- l'accesso alla professione è libero, fermo restando l'esame di Stato;
- per poter dare l'esame occorrerà avere minimo la laurea triennale e alle spalle un tirocinio (praticantato) di 18 mesi;
- l'attività disciplinare non sarà più competenza degli Ordini (regionali e nazionale) ma di consigli di disciplina terzi (regionali e nazionale), sempre però nominati dall'Ordine;
- il "Nuovo Ordine" avrà essenzialmente compiti di indirizzo e vigilanza sulla deontologia e di promozione dell'aggiornamento professionale dei giornalisti;
- la formazione permanente diventa obbligatoria per tutti i giornalisti e funzionerà con il meccanismo dei crediti;
- l'Albo dei giornalisti dovrebbe mantenere il doppio elenco dei professionisti e dei pubblicisti (più l'elenco speciale), con facoltà per i colleghi che hanno superato l'esame di Stato di scegliere dove stare (su questo io ho molte riserve: si è detto che la norma serve a non obbligare alla "esclusività professionale", a salvaguardare chi lavora con diversi committenti, ma già oggi uno può essere professionista e fare il frelance, e ci sono tanti "professional" all'opera).

C'è poi l'indicazione delle norme transitorie per l'accesso all'esame di Stato, pensate per sanare quella parte dei colleghi precari che fanno la professione in modo esclusivo, vivono di questo mestiere e sono pubblicisti solo perchè non hanno avuto la fortuna di avere un contratto giornalistico, giacchè ormai da anni gli editori non assumono più nessuno, o quasi (si calcola che siano circa 20mila i colleghi in questa situazione).

Per questa "sanatoria", la principale novità della proposta di riforma sta nell'allargare il tirocinio di 18 mesi (l'attuale praticantato) ai colleghi che hanno una sistematica collaborazione retribuita con una testata (non solo i contrattualizzati, ma anche i borderò), che hanno svolto esclusivamente l'attività giornalistica per tre anni nell'ultimo quinquennio scrivendo e firmando un congruo numero di articoli l'anno (l'ipotesi è 150, ma è demandata a un successivo regolamento applicativo) e che sono in regola con i contributi previdenziali (all'Inpgi 2 o all'Inps). La laurea, per chi rientra in questa "sanatoria", non è richiesta.

Per tutti i colleghi che hanno questi requisiti si dovrebbe aprire un percorso che porta, dopo un corso di formazione professionale (numero di ore da definire, l'ipotesi era 150), all'esame di Stato. Naturalmente se la proposta passerà.

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